ORIGINE DELL’OSPITALE DEI SANTI ROCCO E LAZZARO
Nel territorio della Parrocchia di S. Paolo e poco lontani dalla Chiesa di San Rocco, all’inizio della odierna Via Marzoli, c’è la Cascina Zorzetti, che nelle mappe del secolo scorso è chiamata Cascina “Ospitale”. Entro le sue mura per trent’anni, dal 1776 al 1806, ebbe sede l’Ospitale della nostra terra.
Questa cascina ed il terreno circostante, acquistati dal Comune, verranno utilizzati, speriamo presto, per la costruzione di un nuovo edificio scolastico.
Prima che questa vecchia costruzione venga demolita e cancellato così per sempre il locale del Vecchio Ospitale, cercherò di ricostruirne, per quanto mi è possibile, le vicende.
Comincerò coll’accennare all’opera di assistenza agli ammalati, ai viandanti, ai pellegrini ed ai poveri infermi, esercitata nei secoli passati dalla carità dei Palazzolesi e dei monaci “antoniani”. Infatti non bisogna dimenticare che fino al 1496 il nome di Hospitale era attribuito alla casa che il Comune possedeva all’angolo della Via Ponte Oglio (Garage Barabanti e Bar all’angolo), e che questo Hospitale aveva origini remotissime quale xenodochio (casa ospitale dei forestieri) di pertinenza vescovile.
L’Hospitale aveva una sua attività alla quale sovrintendeva un “gubernator” e il Comune provvedeva a pagare al Vescovado di Brescia una somma annua in riconoscimento dei diritti che aveva sull’istituzione.
Inoltre presso la chiesetta di San’Antonio, nella quadra di Riva, gli Antoniani, canonici regolari di Sant’Antonio di Vienne, avevano aperto, dopo la metà del sec. XIV°, un locale per l’assistenza agli ammalati.
L’importanza di questa “casa” di Palazzolo è confermata dal documento del 20 ottobre 1404 con cui gli stessi monaci ottennero da Pandolfo Malatesta, Signore di Brescia, un privilegio di esenzione da qualunque imposta, sia per la loro “domus” di Brescia con la loro famiglia, i loro coloni, mezzadri e dipendenti, che per quella di Palazzolo, che era sotto la loro giurisdizione.
Anche nel documento del 5 febbraio 1426 del doge Francesco Foscari vengono riconfermati tali privilegi “alla casa del B. Antonio della nostra città di Brescia e di Palazzolo del distretto e diocesi breciana”.
Quei monaci ottennero tali riconoscimenti per l’assidua ed efficace opera di assistenza pubblica esplicata in quegli ospedali. Tutti questi favori, aggiunti a molti lasciti di numerosi benefattori, finirono per segnare la loro decadenza. Infatti nel 1520 l’ospedale di Brescia fu dato in commenda al Vescovo Vosionense e poi al Vescovo Soranzo e quello di Palazzolo a Duranti Ottavio e Figli.
Nel 1537 poi tutti quei benefici venivano incorporati nell’unico Ospedale Maggiore di Brescia.
Nel cortile, che si apre accanto alla chiesa di S. Antonio, sopra due colonne del cinquecentesco portico in arenaria di Sarnico, fanno ancora bella mostra due sitemmi: uno con l’aquila dei Duranti e uno col leone di Brescia.
Passarono due secoli e gli ammalati, penso pochissimi, dovettero essere ricoverati nell’Ospedale Maggiore a Brescia,. Si può immaginare con quali e quanti disagi.
Verso la fine del sec. XVIII maturò così l’idea dell’erezione di un Ospitale anche a Palazzolo.
Il 2 dicembre 1770, prima Domenica d’Avvento, era convocato nella nuova chiesa parrocchiale il Consiglio Generale, composto tanto dai Nobili Cittadini abitanti in Palazzolo, quanto dagli Originari, alla presenza del Podestà sig. Domenico Ottonelli e da 246 capi famiglia.
In tale riunione è “stato esposto e trattato il grande argomento, ed importanza di erigere in questa terra un’Ospitale per il ricovero delli Poveri Infermi, senza nessun aggravio del Comune, opera di tanta Pietà, e Religione, che fu sempre l’oggetto della Pubblica Provvidenza, ne essendo ciò permesso di fare senza la gloriosa Sovrana Licenza, si manda parte d’umiliare in nome di questa intiera Popolazione li competenti ricorsi a Piedi di Sua Serenità, per avere il Clementissimo Decreto per poter fondare coll’elemosine, e legati, che si acquistaranno dalla Carità dè Fedeli il suddetto Ospitale, e la Sovrana approvazione delle Regole, e costituzioni annesse alla supplica per il buon Ordine, e Governo del suddetto Pio Luogo”.
La votazione del documento dava il seguente risultato: favorevoli voti n. 245 e contrari uno.
Una petizione, accompagnata dalle “regole e costituzioni per fondamenti e Direzione dell’Ospitale”, veniva inviata al Podestà di Brescia Tommaso Sandi, perché desse il suo appoggio e la inoltrasse al Doge di Venezia.
Egli infatti il 6 gennaio 1771 trasmetteva il tutto a Venezia, aggiungendo che in altre terre di questa Provincia erano eretti degli Ospitali come nelle Terre di Asola, Orzinuovi, Bienno di Valcamonica, Chiari, Rovato, Carpendolo, Virola Alghise e Pontevico. Concludeva la lettera: “Trattandosi di un’opera tanto Pia, meritoria non meno, che gl’esempi antedetti, non ho saputo dispensarrmi di annuire alle fervorose Suppliche di quella Fedelissima Popolazione di Palazzolo nell’umiliare alla Serenità Vostra, ed a VV. EE. le suaccennate Carte per l’effetto implorato”.
Il Doge LUIGI MOCENIGO, il 16 febbraio 1771 (1770 secondo il costume veneto) inviava allo stesso Podestà di Brescia la sua Ducale di assenso e di approvazione per la erezione dell’Ospitale di Palazzolo. Il 18 gennaio giungeva al Podestà di Palazzolo la comunicazione dell’approvazione coll’impegno di riconvocare il Consiglio Generale, come nel dicembre 1770, per la elezione delle cariche, come previsto dalle Regole e Costituzioni approvate.
Il 24 febbraio, seconda domenica di Quaresima, nella nuova Parrocchiale venne riunito il nuovo Consiglio Generale, nel cui verbale, steso come i precedenti dal notaio Gio. Battista Prestini, possiamo leggere:
“Con la Benedizione dell’Altissimo Iddio, e della Beata Vergine Assonta in cielo, piaciuto essendo alla Sovrana Clemenza dell’Eccellentissimo Senato, per quel spirito di Paterna Carità, con cui sono animate le religiose Massime al soccorso dei Poveri, di esaudire con l’adorabile Decreto 16 andante le umilissime istanze di questa Terra, permettendo la erezione di un Ospitale a comodo dell’Infermi, Opera veramente la più insigne di Provvidenza, e di Pietà. Convocatosi perciò, e congregatosi il Consiglio Generale della Terra stessa composto da Cittadini abitanti, ed Originari, con la presenza ancora dell’Illustrissimo Signor Domenico Ottonelli Podestà, V. Capitanio di Brescia 18 detto indirizzate al medesimo Illustrissimo signor Ottonelli, premessi li replicati Generali Inviti, e suono di campana, intervenuti sono li Votanti, il nome dè quali sarà distintamente specificato à piedi del presente.
In primo luogo è stato esposto siccome questo Venerando Ospitale dè Santi Rocco e Lazzaro, deve riconoscere particolarmente la sua fondazione dalla Pia, e Caritatevole assistenza e sollecitudine dello Ecc.mo signor Tommaso Sandi Degnissimo Podestà, V. Capitanio di Brescia, e di Sua Ecc.za Signor Vettore di Lui Padre, così si manda Parte d’eleggere col maggior ossequio li medesimi eccellentissimi Cavalieri, e l’Eccellentissima Famiglia Sandi in perpetuo Protettori del medesimo Pio Luogo, chiamandoli a parte di tutti li suffragi dello stesso, e supplicando l’un e l’altro volersi degnare di assumere l’invocata Protezione, e continuarla colla ben nota, e tanto fruttuosa loro Carità con fiducia che non siano per lasciare sospesi tanti voti che la sospirano.
Quel Parte proposta fu applaudita, e resa con universale acclamazione delli Astanti e con festose Evviva, Evviva.
Divenir poi dovendosi alla nomina, e rispettiva Elezione delle Persone Idonee per l’esercizio delle cariche di Governo a nome delle Regole, e Costituzioni inalterabili prescritte, ed approvate dalla Sovrana Autorità, con l’accennato Ossequiatissimo Decreto 16 andate, quali Offici consistono in un Presidente, in sei Conservatori o siano Reggenti, cioè due per Quadra, un Cittadino, ed un Originario, oltre un Cancelliere Notaio di Pubblica Autorità, ed un Cassiere.
E sono stati di maggiori Voti, nominati ed Eletti li seguenti:
Presidente: l’illustrissimo signor Bernardino Cavalieri – Conservatori o siano Reggenti: nella Quadra di Mura: Nob. Sign. Gio. Battista Almici Cittadino – signor Gio. Sabadino, Originario – Nella Quadra di Mercato: l’illustrissimo sig. Francesco Zamara, Cittadino – il sig. Paolo Costa, Originario – Nella Quadra di Riva: il nob. Sig. Alfonso Durante, Cittadino – il sig. Antonio Persevalli, Originario.
Cancelliere: il sig. Gio. Battista Prestino, Notaio di Veneta Autorità
Cassiere: il sig. Gio. Vidari.
Per capire quale fosse lo spirito e quali le direttrici sulle quali era stata impostata questa Istituzione ritengo utile stralciare alcune parti delle “Regole e Costituzioni” dell’ospitale stesso, pubblicate, come gli altri documenti sopraccitati in un opuscolo stampato per ordine dello stesso Podestà di Brescia da Francesco Ragnoli nel 1771.
Esse prescrivono:
“Si porrà sotto la Protezione della Beatissima Vergine Assunta in Cielo il Pio Luogo, e si denominerà l’Ospitale di Santi Rocco e Lazzaro, ad onore dè quali potendosi col tempo costruire nel Luogo a ciò destinato una chiesuola per comodo del Luogo Pio, sarà ad essi destinato l’Altare.
Colle Elemosine e Legati, che acquisterà col tempo, il Pio luogo si comprerà una comoda Casa con qualche adiacenza di Brolo, od Ortaglia, se si può, per fondarvi l’Ospitale, e questa nel circuito della Terra, procurando soprattutto che sia il luogo sano, e comodo per l’acqua, ciò s’intende nel caso che da qualche divoto non venisse lasciata qualche cosa opportuna a tal fine.
Si accetterà in detto Ospitale le Povere Persone bisognose Inferme native ed Originarie, ed abitanti nel Paese; così pure se qualcuno dè Soldati, che dalla Pubblica Rappresentanza di Brescia per comodo del Servizio Pubblico, si destina d’Appostamento in Palazzolo venisse ad ammalarsi, sarà in detto Ospitale accettato per essere assistito e curato”.
Non si ammetterano in detto Ospitale ammalati di mali incurabili, o acquisiti, e ciò per non gravare lungo tempo il Luogo medesimo.
Potendosi ottenere di trasferire nel detto Pio Luogo qualche Cappellania del Paese, doverà il Rev. Cappellano assistere li suddetti Infermi d’ogni spirituale soccorso: salvo sempre il ius parrocchiale al sig. Arciprete, e Canonici Curati, della caritatevole assistenza, dè quali non si può dubitare.
Per il numero e scelta delle Persone necessarie per l’assistenza agli Infermi, si lascerà l’incombenza,alla Reggenza, che sarà Eletta, e così di fissar loro l’onorario.
Così pure si lascia alla prudenza della medesima l’accogliere nel suddetto Luogo qualche Viandante forestiero, che al caso venisse ad infermarsi passando per la Terra, quando questi sia veramente Povero, e destituito d’ogni soccorso ed appoggio, e l’infermità non sia nel numero dè mali eccettuati, come sopra. Si faranno le questue massime nel tempo delli Raccolti nel solo Territorio però di Palazzolo, e a tal fine saranno deputate dalla Reggenza persone delle più probe e destre del paese, le quali dovranno depositare il tutto nelle mani del Cassiere del Pio Luogo”. Seguono poi tutte le norme e i compiti dei componenti la reggenza, ossia del Consiglio d’Amministrazione come lo chiameremmo noi oggi.
I FATICOSI INIZI DELL’OPERA PIA
Ottemperato a tutte le formalità che chiameremo burocratiche, i Reggenti dell’Opera Pia furono impegnati a realizzarne gli scopi per cui era stata richiesta l’istituzione. Dal 1771 furono utilizzare le sostanze dei lasciti di persone generose come Rondi Giovanna che aveva donato il 23-XI-1770 una casa dominicale e due pezzi di terra “ai poveri infermi della nostra terra”; del canonico don Giuseppe Galignani che aveva donato tutte le sue sostanze alla Pia Istituzione.
La ricerca di un locale fu laboriosa, mancando i mezzi adeguati all’acquisto del fondo e della casa, anche perché in quegli anni la nostra gente era impegnata finanziariamente a portare a termine la Nuova Parrocchiale.
Il 9 agosto 1776 moriva don Stefano Bonomelli che lasciò all’Ospedale una pezza di terra “la Frostina” di più di 4 piò, valutata scudi 957, che i Reggenti dello stesso Ospedale permutarono, dopo laboriose trattative, con un’altra di 3 piò circa di ragione del 1° canonicato. Su questo terreno si inizia la costruzione del Vecchio Ospedale, la cui casa venne munita anche di una torretta con una campana usata per dare l’allarme, essendo la costruzione fuori dal paese, sulla via per Chiari. Negli anni seguenti giunsero altri lasciti, ma le spese incontrate dall’amministrazione dell’Ospedale furono talmente alte che il Presidente ed i Reggenti il 15 maggio 1777 rivolsero ai Presidi dell’Ospedale Maggiore di Brescia questa domanda:
“L’
Ospitale dè poveri infermi eretto pochi anni sono col Sovrano assenso nella terra di Palazzolo si presenta con viva fiducia a VV.SS.ILL.me come degnissimi Presidi del ven. Ospitale Maggiore di questa città, supplicandole che in vista della molta sua indigenza e della stretta necessità in cui si trova della indispensabile cominciata fabbrica si degnino per una sola volta tanto prestare al medesimo quel soccorso che alla loro carità sembrerà conveniente.
La reggenza del pio luogo supplicante sa benissimo i pesanti aggravi e le grandiose spese, che soffre l’Ospitale maggiore di Brescia, con tutto ciò considerando che la novella fondazione del predetto Pio Luogo in Palazzolo torna in qualche non piccolo vantaggio dell’Ospedale Maggiore di questa città sollevandolo così dal carico di ricevere, come appunto è accaduto dal momento della sua fondazione sino al presente, gli ammalati di detta terra, prende coraggio a ricorrere a VV.SS.III.me per l’implorato sovvenimento, confortandola molto a ciò fare non tanto la presente favorevole circostanza, quanto ancora la fondata cognizione che giustamente ha del pio e caritatevole animo loro”.
La domanda venne accolta e il nostro Ospitale ebbe cento scudi di elemosina, cosa che non era mai stata fatta per l’addietro ed alcun altro ospitale.
La Semente, 1 novembre 1966