PERCORRENDO LA VALLE DELL'OGLIO
La navigazione lungo l'Oglio
di Francesco Ghidotti - QUINTA PUNTATA
La rivendicazione bresciana dei diritti sulla navigazione.
Le dispute sull’uso delle acque del fiume cominciano con la rivendicazione bresciana dei diritti sulla navigazione . Un riassunto di tali diritti è condensato nella lunga Relazione storica, politica, tipografica del fiume Oglio e suo corso di dominio e ragione della città di Brescia...compilata dal palazzolese Urgnani nel 1723.
Giovane di ventitré anni aveva assistito nel 1698 Lelio Soncini, impegnato nelle trattative fra la Serenissima Repubblica di Venezia e il Visconti per i diritti sulle acque dell’Oglio.
Il problema della navigabilità dell’Oglio.
Il Chiappa, nei suoi Appunti sull’economia quattrocentesca palazzolese del 1972, così scrive: "Vi è chi sostiene che nell'alto medioevo l'Oglio fosse perfettamente navigabile dal lago d'Iseo fino al suo sfociare in Po; costoro sostengono inoltre che, se col tempo la navigazione non fu più possibile, ciò avvenne in conseguenza di un progressivo impoverimento di acque, in seguito all'uso delle stesse per scopi irrigui e per l'instaurazione di "roste" e di "palate" necessarie per le derivazioni dell'acqua per usi molitori o d'altra natura.
Vi è chi sostiene invece che l'Oglio, lungo la Val Calepio, non fu mai navigabile per intrinseche ragioni di natura geofisica: troppe secche e troppe rapide si alternavano lungo il percorso della valle, per permettere all'Oglio di avere un regime d'acqua costante e sufficiente ad una vera navigazione.
Per navigazione si intende il trasporto con natanti muniti di remi o di vela e non con semplici zattere".
La descrizione del fiume stesa nel 1482 dal palazzolese Gabriele Benzoli, fornisce altre risposte al problema della navigabilità dell'Oglio, almeno per quanto riguarda il XV secolo. Prima di tutto si precisa che le due rogge, Fusia e Vetra, sottraevano un terzo dell’acqua e le altre derivazioni, per usi molitori, non toglievano altra acqua all'Oglio, poichè la stessa ritornava nel fiume più a valle di ogni molino.
Le "roste" e le "palate"
Erano le "roste" e le "palate" che potevano ostacolare la navigazione. Roste e palate che erano collocate dove il letto del fiume consigliava simili artifizi, dove cioè una rapida, imbrigliata, poteva essere facilmente trasformata in invaso, utilizzabile per scopi molitori e per alimentare "nasse" e "pescherie". Quando la palata traversava tutto l'alveo del fiume, veniva lasciato uno sfioratore detto "binatore", dal nome "bina", dato alla zattera, formata da tronchi legati tra loro. Il legname da costruzione, proveniva dall'alta Val Canonica e scendeva al piano per fluitazione.
A Montecchio, presso Darfo, era ricevuto da un funzionario che provvedeva alla conta. Quindi, confezionato in tante bine, proseguiva lungo l'Oglio fino al lago d'Iseo dove, a Pisogne, era registrato da un apposito console. Un altro incaricato stava ad Iseo, dove, sbarcato il legname richiesto dalla città di Brescia, le bine proseguivano verso Sarnico e scendevano lungo la valle Calepio. Un ulteriore controllo avveniva a Palazzolo ed un altro ad Urago d'Oglio. L’Urgnani scriveva che al Podestà di Palazzolo viene corrisposta certa recognizione pecuniaria per tutte le bine de’ legnami che transitano per il boccolo del fiume, posto tra li molini situati sul fiume... il boccolo, ossia binadore, sopra il quale vi erano due chiavi, una delle quali veniva tenuta da quel Podestà e l’altra da un Deputato della città, quale aveva incombenza di tener il registro de’ legnami, che con licenza d’essa città vi passavano.
Le bine erano guidate dall’uomo
Le bine erano guidate dall'uomo, anche se c’è chi sostiene che lungo la Val Calepio, o addirittura fino a Pontevico, avvenisse una semplice fluitazione del legname, dato che attraverso i binatori, nemmeno in condizione di magra, sarebbe stato possibile il passaggio di zattere guidate.
Documenti del XV secolo attestano invece che le bine, che attraversavano il varco della "vertòra" (apertura entra la palata) erano guidate e se la bina, per imperizia del barcaiolo, arrecava danno alle palificazioni o alle paratie della "vertòra" o ai ponticelli in legno del complesso dei mulini, il conducente doveva versare una pesante multa, che era trattenuta dai guardiani del boccolo.
E’ ovvio che se le bine passavano attraverso la vertòra, molto stretta, più facilmente e senza rovesciarsi potevano essere guidate attraverso i binatori delle palate, a monte o a valle di Palazzolo.
Il Benzoli precisa anche che la vera navigazione sull'Oglio, avveniva appena a valle della vertòra dei mulini; in pratica a sud del ponte di Palazzolo.
La navigazione, era effettuata con grandi barconi da Calcio in su verso Palazzolo. E’ certo che, ad esempio, i mattoni che servirono, sul finire del XV secolo, per l'ingrandimento della Pieve, furono trasportati in gran parte a Palazzolo in questo modo.
via33,1.4.2008