PERCORRENDO LA VALLE DELL'OGLIO
La navigazione lungo la seriola Fusia
di Francesco Ghidotti - SESTA PUNTATA
A Sarnico il fiume scorre a 185 metri sul livello del mare; a Palazzolo lo troviamo trenta metri più in basso, nella zona di Roccafranca siamo a quota di 90 metri. Questa pendenza naturale della pianura padana, ha consentito al fiume di acquistare forza, oggi sfruttata da 7 impianti per la produzione dell’energia elettrica e 16 derivazioni per utenze irrigue. Tutto nello spazio di 35 chilometri.
I due canali più importanti, che corrono lungo la Valle Calepio, sono: la Fusia, che esce direttamente dal lago di fronte alla località di Fosio, e la Vetra, o seriola di Chiari, estratta dal fiume di fronte a Tagliuno.
Il Benzoli, nel descrivere nel 1482 il corso dell’Oglio, ordina al suo disegnatore di mettere "dalla banda da doman (sponda sinistra) verso il Bresciano, la bocca del canale di la Fossa, con le sue porte". Inoltre annota che più a sud "si leva con una pallata uno ramo d’acqua qual serve ad uno molino di Marenzi, et al incontro della ditta pallata, da doman parte verso il Bresciano, comincia la bocca della seriola di Chiari".
Il podestà di Bergamo Giovanni da Lezze, alla fine del 500 scrive che "dalla bocca di detto fiume Oglio nel ricever il fin del lago se ne cava et è formata una seriola bellissima navicabile con barche picole atte a portar intorno mille pesi di robba, che cammina nella riva del Bresciano e se ne va con navigatione sin alla terra di Palazzolo del Bresciano; è passaggio di molte mercantie dove sono dogane e fonteghi per lunghezza di 5 millia da detto principio d’Oglio sin alla terra di Palazzolo, ove detta seriola si va in molti rami dividendo e bagnando gran parte del Bressano con grandissimo utile di quel territorio...". Sull’origine del canale della Fusia, o Fossa, scavata tra il 1347 ed il 1349, il Ronchetti ricorda che nel secolo XII, a conclusione di una lite, i conti Martinengo, feudatari di Calepio, furono condannati alla demolizione di alcuni molini edificati nel territorio di Serranica, nei pressi del torrente Fusa. Notizia ripresa dall’Odorici che si spinge ad affermare che i canali irrigatori della nostra terra sono manufatti antichi.
Il ramo principale da Paratico ai "partitori" di Palazzolo, si divide poi in tre parti: il terzo di Palazzolo, o Serioletto, il terzo di Rovato ed il terzo di Chiari.
Questo canale, dalla metà del quattrocento e, per quattro secoli, fu la prima via d’acqua del Bresciano, soppiantata dalla linea ferroviaria Palazzolo-Paratico del 1876.
Navigare la Fusia era facile perchè le barche potevano entrarvi direttamente dal lago, mentre per la Vetra bisognava prima percorrere un tratto di fiume e quindi immettersi nel canale artificiale. Nel 1460 un certo Giovanni della Bianca di Paratico, su suggerimento del Carmagnola "principiò a navegar la Fusa, con zatte e piccole navette conducendo materiali occorrenti alla rocca di Chiari, e seguitò a navigarla liberamente fino all’anno 1459".
Ma un bel giorno, come ci ricorda il Moletta, il nobile Antonio Schilini, a nome del terzo di Palazzolo, gli fece sequestrare la navetta. Le autorità bresciane erano d’accordo col nostro Giovanni che potesse liberamente condurre merci sul canale senza alcun obbligo verso i proprietari del vaso. Troppo semplice per il barcaiolo! Interviene Venezia, chiamata in causa dai compartecipi. Presso il molino di sopra a Paratico, il Giovanni, pur sostenendo il suo diritto perchè la Fusia era un "vas imperiale", e quindi libero a tutti, rinuncia a ulteriori cause e alla barca, riconoscendo l’esclusivo diritto di concedere licenza di navigazione alle tre compartite.
Nel 1495 si apre un’altra controversia contro i compartecipi palazzolesi che avevano, in segreto, concesso ad alcuni impresari di Capriolo il trasporto di calce e legname dal lago a Palazzolo, senza pagamento di pedaggio. Con sentenza del marzo 1496 essi vengono condannati a rifondere i danni causati alle sponde del vaso e a versare una quota di navigazione anche ai compartecipi di Rovato e Chiari. La navigazione, definitivamente regolamentata nel 1501, riprende e continuerà per tre secoli, come abbiamo già detto. Appena a monte dei "partitori" delle Calci, il vaso era attraversato da un ponte, importante manufatto che, tra l’altro, era necessario per invertire la direzione di marcia dei cavalli che trainavano le navette. Fino a quel punto il sentiero dell’attiraglio (alzaia su cui si muovevano i cavalli) correva in sponda destra, da qui in avanti su quella opposta. Prima del ponte c’era il porto o guado per lo scarico e carico delle merci. Attorno erano sorti locali che ospitavano i guardiani e gli esattori del "traverso", un’osteria per accogliere i barcaioli e lo stallo per i cavalli. Insomma tutto ciò che era funzionale all’impresa della navigazione.
I barcaioli edificarono anche una chiesetta alla Madonna di Loreto, demolita nel 1939.
Sulla sponda sinistra sorgevano i "caselli" per immagazzinare la calce, che le barche trasportavano da Paratico. Calce viva prodotta nelle "calchere" a Sarnico e Paratico.
Ricordo benissimo il trasandello che si percorreva a piedi dal ponte fino ai partitori, una vera e propria attrezzatura per l’accosto delle navette.
Sulla Fusia erano trasportati legnami, castagne, fieno, ferro, mattoni, pietre molitorie, carbone, letame e altri materiali, come si deduce dal tariffario dei pedaggi.
La navigazione proseguiva verso Cologne, Rovato e Chiari con natanti più piccoli.
Il 27 luglio 1735, è annotato nei registri parrocchiali di Sarnico che "passò di qui il generale delle truppe francesi, venendo da Iseo in barca con solo otto persone di seguito et si fece condurre a Palazzolo in barca per la Fusia". Si ricorda che il 23 aprile 1758 furono trasportate 80 assi da servire per la nuova chiesa di Coccaglio e nel luglio 1759, numerose navette caricarono medoli per la Torre di Chiari. I barcaioli pagavano all’appaltatore del "navolo" in altre parole del diritto di navigazione, il "traverso" o pedaggio, regolato nei secoli da appositi patti fissati dal Consorzio della Fusia che, non fu solo distributore d’acqua per l’irrigazione, ma una vera e propria società di navigazione e da essa ricavava i maggiori introiti. Ciò consentì ai compartecipi di avere l’acqua gratis per l’irrigazione. L’affittanza del navolo rendeva annualmente come un terzo di tutte le entrate del Comune di Palazzolo. Non è un caso che il sigillo del Consorzio fosse rappresentato da una navicella con tanto di vela.
Il terzo di Palazzolo, chiamato Serioletto, si divideva in quattro canali Caravasaglio, Gardale, Ceresa e Nuovo che, nel 1818, fornivano energia a un molino, due macine dell’olio, una pesta del riso e sei opifici di filatoi della seta.
via33,1.5.2008