PERCORRENDO LA VALLE DELL'OGLIO
La Vetra, primo fra i canali bresciani.
QUESTA ANTICA SERIOLA, PRIMA, IN ORDINE DI TEMPO E DI PORTATA D’ACQUA, FRA I CANALI BRESCIANI, MISURA UNDICI CHILOMETRI DA TAGLIUNO A CHIARI.
di Francesco Ghidotti - SETTIMA PUNTATA
La Vetra, da Tagliuno a Chiari.
Prima di parlare della Vetra, ritengo opportuno precisare che il termine "sariola" è usato, nel dialetto lombardo e bresciano-veneto, per indicare "un canale per il quale si cava l’acqua dei fiumi". Lo si ritrova in un documento bergamasco dell’anno 917 a sera sariola e bresciano del 1120 a monte currit sariola.
Questa antica seriola, prima, in ordine di tempo e di portata d’acqua, fra i canali bresciani, misura undici chilometri da Tagliuno a Chiari.
La sua bocca di presa, originariamente nel territorio di Paratico, si trova attualmente qualche centinaio di metri a valle dello sbarramento dell’Italcementi. I documenti, che ne indicavano gli inizi risalenti al XII secolo, sono andati perduti. Il primo atto conservato, datato 29 aprile 1347, riguarda una diffida agli escavatori della Fusia perché coi loro lavori non danneggiassero l’alveo della Vetra.
L’Urgnani scrive che "non si sa il tempo, né il modo della sua origine, in essere avanti la seriola Fusa".
1477 e 1504: la Vetra viene allargata.
Se la data di nascita è incerta, sono invece note le date degli allargamenti: il primo, il cui progetto è del 1440, vede l’inizio dei lavori nel 1477 acconsentono al passaggio sotto le mura del castello con contropartita del diritto a prelevare un’oncia d’acqua per alimentare una fontana pubblica nella piazzetta della Pieve.
Il secondo del 1504 col raddoppio della portata e l’idea di creare una seriola nuova per irrigare terreni della pianura occidentale bresciana, fino allora all’asciutto. Si apre una vertenza coi Clarensi, durata parecchi anni. Nella loro supplica essi avevano assicurato Venezia che l’aumento dell’acqua avrebbe dato un gettito fiscale di oltre 5000 ducati all’anno inoltre resa più sicura la rocca di Palazzolo e utilizzabile il vaso per la navigazione. La disputa si conclude nel 1507.
La seriola nuova.
Nel 1543 prende corpo la seriola Nuova: un ramo di 28 chilometri che dal Boscolevato avrebbe raggiunto i terreni di molti comuni bresciani. Progetto portato a compimento nel 1571.
Realizzato l’ampliamento del vaso, nel 1573 viene presentato uno studio per la navigabilità della Vetra.
Approfittando, come scrive il Rota, "dei canali che animano i molini di Capriolo e di Adro, prolungando il primo fino alla foce del lago e congiungendo il secondo alle bocche della Vetra, senza aumentare la portata d’acqua, per mezzo di quattro conche identiche a quelle del Naviglio di Pavia, le barche possono discendere da Lovere fino a Chiari". Progetto accolto dai rettori di Brescia, ma che incontrò l’opposizione degli altri utenti delle seriole. E venne perciò abbandonato.
La navigazione da Palazzolo s/O a Chiari.
La navigazione da Palazzolo fino al convento di San Bernardino, richiesta fin dal 1507 fu concessa ad Innocenzo Armanni.
Ancora nel 1742 si fissava un pedaggio per le zattere che dalla Valcamonica giungevano a un chilometro da Chiari. Le acque della seriola fornivano energia a molini, filatoi, macine, pestatoie di olio e riso. Ai primi dell’Ottocento, solo a Palazzolo, muovevano cinque filatoi di complessive 13 piante.
La Vetra trasporta il sacro legno.
Ai primi del '600 accade un evento straordinario: si ritrova nella seriola un grande Crocefisso in legno, che si era arenato nel tratto palazzolese. Proveniente probabilmente dal lago, era entrato nella Vetra spontaneamente o ve lo aveva condotto qualche barcaiolo, che, spaventato per l’enormità del suo gesto, lo avrebbe abbandonato?
I Clarensi ne rivendicarono subito la proprietà poiché la Vetra era loro. Si scelse di affidare il Crocefisso alla corrente e, dove si fosse arenato, lì sarebbe rimasto. Lungo il tragitto molti curiosi assistettero allo strano trasporto.
Il sacro legno si fermò sotto il ponte della Vetra a Palazzolo. Raccolto con manifestazioni di giubilo, venne custodito dai Palazzolesi e collocato dietro l’altare maggiore della chiesa vecchia e rimase a proteggere la nostra terra nelle calamità.
Siamo negli anni seguenti la pestilenza del 1630 e nel 1644 un certo Vincenzo Piantone lasciava un legato per una messa quotidiana al costruendo altare del S.Crocefisso, altare innalzato nel 1653 nell’antica Pieve.
via33,1.6,2008