Percorrendo la valle dell'oglio:quando l'oglio non c'era (1)
pubblicato il: 01/11/2007
da: Via 33
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PERCORRENDO LA VALLE DELL'OGLIO

Quando l'Oglio non c'era

 

di Francesco Ghidotti - PRIMA PUNTATA

 

L'Oglio come si presenta

Dal ponte della ferrovia volgendo lo sguardo prima verso i monti e poi verso la pianura, si ha chiara l'idea dell'ampiezza della valle entro la quale scorre il nostro fiume.

Spingendo lo sguardo da San Pantaleone, sopra Grumello, verso la pianura, quasi non si scorge la fenditura, che l'acqua ha creato nel corso dei millenni, scavando il letto all’Oglio che, inalveandosi sempre di più, ha creando "rami" e zone soggette alle alluvioni nelle piene stagionali.

Si può seguire l'andamento del corso del fiume da Calepio fino a Pontoglio, utilizzando i grandi fogli della più completa mappa che si conosca, disegnata nella metà del 1700, ed in particolare il tratto che va dal ponte della ferrovia a quello della nuova deviante sud, e pubblicata sull'Atlante dell'Oglio o leggendo la "descrizione del 1492" e ripercorrendo il cammino a ritroso nel tempo.

 

Quando l'Oglio non c’era

Ci fu un lontanissimo tempo in cui l'Oglio non scorreva sinuoso lungo la Pianura Padana, perchè questa non esisteva, occupata com'era da altre acque, che formavano un'immenso golfo, vasto come tutta la pianura, delimitato a nord dalle Alpi e a sud dagli Appennini. Poi vennero i ghiacciai a coprire la pianura e a colmare con detriti di sassi e pietre il fondo delle valli .Quando, in seguito al riscaldamento della terra, si ritirarono, lasciarono colline moreniche, che fecero da barriera ai corsi d'acqua dando origine ai nostri laghi.

Il ghiacciaio camuno, al dire dello Stoppani, raggiunse l'altezza di 700 metri sopra l'attuale livello del Lago d'Iseo e nel suo massimo sviluppo si estese fino alle falde settentrionali del monte Orfano, a poco più di un miglio da Palazzolo.

Il golfo padano venne colmato dai depositi di sassi, ghiaia, sabbia, depositi che raggiunsero l'altezza di circa 200 metri e che si appoggiarono sui sedimenti dell'epoca terziaria.

Il territorio di Palazzolo poggia appunto su terreno alluvionale e nella perforazione dei pozzi per l'acqua potabile, si sono trovati, anche a centinaia di metri di profondità, sassi arrotondati, lisciati dalle acque, levigati dai venti, provenienti cioè dalle rocce più disparate e qui accumulatisi nell'epoca quaternaria.

Ritirandosi, il ghiaccio lasciò dei depositi di terreno che oggi sono le colline di Colombaro, Torbiato, Adro e di Grumello e Tagliuno.

Salendo al Gandosso o al Colle di Torbiato si può immaginare l'ampiezza di questo grande lago chiamato poi Sebino, che ricevendo altre acque cresceva sempre di più e le sue acque cercavano uno sbocco verso la pianura disegnando il letto dei fiumi.

Con un ulteriore sforzo di immaginazione, proviamo a cancellare il paesaggio che abbiamo davanti, in cui il fiume la fa da padrone, per rifarci a circa 10.000 anni fa allorché il lago d'Iseo, a un livello di 18 metri più alto dell'attuale, si stendeva entro le colline moreniche, che abbiamo descritto, e le cui acque si scaricavano da Torbiato verso il Mella, su un percorso diverso dall'attuale.

La valle dell'Oglio non esisteva, c'erano i torrenti, che scendevano dalle vallette di Adrara e di Grumello e cercavano uno sbocco verso la pianura.

A Sarnico c'era una collina morenica, pari in altezza a quelle dell'anfiteatro della Franciacorta: quella collina, erosa alle spalle dal torrente "Guerna", che scendeva dalla valle di Adrara, prese a sfaldarsi fino a quando cadde l'ultimo diaframma e le acque del Sebino si precipitarono verso la pianura e si incanalarono nell’alveo esistente, allargandolo, dilagando, e sommergendo le nostre terre, modificando il paesaggio e il suolo su cui sono sorti poi i centri abitati.

Il fiume, trovata la sua strada, si è andato restringendo lasciando i segni del suo passaggio nei vari terrazzamenti del suolo. A Palazzolo, dalla Costa (m. 177 sul mare) il suolo scende alla linea della seriola Vedra (m.153) alla Piazza (m. 150) e risale poi a Mura e a Cimariva (m. 182).

Basta chinarsi dal parapetto del ponte della ferrovia per convincersi di quanto si è distanti dal pelo dell'acqua!

 

I Liguri danno il nome al fiume

 

Mentre il fiume continua per la sua strada, i primi abitatori della Padania Antica, arrivati qui verso la fine dell'età della pietra e l'inizio di quella del bronzo (terzo millennio prima di Cristo), utilizzano le acque dell'Oglio come una "strada" e la percorrono in su e in giù, con piroghe scavate nei tronchi d'albero, trasportando quanto serve alla vita dei villaggi, che essi hanno costruito con pali, frasche e fango: le palafitte.

Queste genti hanno lasciato ampi segni della loro presenza: ceramica nera, selci, punte di lancia, trovati alle "lame" di Provaglio, a Timoline, dove è affiorato il resto di una palafitta, a Colombaro, al laghetto Sala sulla strada per Iseo, a Bornato, a Coccaglio e Cologne, a Sarnico, ad Urago e lungo il fiume Oglio; forse anche a Palazzolo in sponda sinistra dove oggi è la parte più bassa della Piazza.

Il fiume è la loro "strada". Poichè tutt'intorno ci sono boschi, paludi, animali anche feroci, essi la percorrono in continuazione ed è loro familiare, ci vivono insieme. Si bagnano nelle sue acque limpidissime, si cibano di pesci, di cui è ricco, ne studiano i comportamenti per sfuggire alle insidie dei vortici, dei "curnù", delle sabbie, che formano isolotti nel suo letto.

Questi popoli, composti di tribù di genti "Liguri", hanno dato il nome a queste acque scorrenti: le hanno chiamate "Oi", perchè questo era il termine usato per denominare tutte le acque dei fiumi che essi conoscevano. Anche noi in dialetto continuiamo a chiamarlo così, da sempre.

Quando, molto più tardi, fu necessario scrivere il nome del fiume, questo Oi diventò per i latini Olius e per noi Oglio.

via33,1.11.2007