La storia della nostra città: avvenimenti dal 1796 al 1799 (1 puntata)
pubblicato il: 03/03/1962
da: La voce di palazzolo

La storia della nostra città:avvenimenti dal 1796 al 1799

Prima puntata

Introduzione

Terminate con il numero del 10 febbraio scorso le puntate dedicate alla rievocazione degli avvenimenti interessanti la nostra Palazzolo nella seconda metà dell’800, sono spinto ad offrire ai lettori appunti di storia locale del periodo che va dalla venuta di Napoleone Bonaparte in Italia (1796) alla prima metà dell’800. Durante questi anni si operarono trasformazioni anche violente di regimi, caddero dominazioni straniere per essere sostituite da altre, ma le repubbliche Cispadana, Cisalpina poi quella Italiana, divenuta Regno d’Italia, diedero agli Italiani l’illusione, che spesso era anche realtà, di avere una Patria, un esercito, una bandiera, dopo tanti secoli di divisioni e si preparò il processo definitivo dell’unificazione nazionale.

Mi sono giovato nella stesura di questi appunti della Cronaca di Giovanni Pezzoni, di altre memorie storiche inedite e di dati e notizie attinte da documenti d‘archivio e da opere storiche riferentesi al periodo considerato. Unite a quelle precedentemente pubblicate, queste note daranno un quadro di Palazzolo nel secolo XIX°.

Anno 1796 - Austriaci vanno - Francesi arrivano

 

Questo é l'anno della calata del generale Bonaparte, comandante dell'esercito

d'Italia dal marzo 1796 che, secondo il nuovo piano del Direttorio francese avrebbe

operato in Italia ai danni dell'Austria, minacciata contemporaneamente sui fronti del

Reno e del Danubio dagli eserciti dei Generali Moreau e Jourdan. Il Bonaparte venne

inviato con un esercito di 35.000 uomini per una azione di disturbo che ben presto invece diventò di conquista e che avrebbe portato questo giovane generale a governare la Francia intera.

Secondo le dichiarazioni fatte dal Lallement il 17 febbraio al Senato veneto "centomila francesi stavano per discendere in Italia, non per conquistar la, ma per restituirle tranquillità; avvicinandosi allo Stato di Venezia essi ne avrebbero assicurato l'esistenza politica minacciata dalla coalizione austro-russa, e avrebbero trattato i Veneziani come fratelli".

Queste false affermazioni erano destinate ben presto ad essere contraddette dagli avvenimenti che seguirono e che segnarono il tramonto definitivo della Repubblica di San Marco, della quale faceva parte fin dal 1454 il nostro territorio, sul quale si abbatterono ben presto eserciti austriaci in ritirata e francesi che li inseguivano, ambedue devastando, rubando, generando inquietudini ed alimentando speranze in un ordine nuovo.

L'Arciduca Ferdinando d'Austria, dopo essere partito a mezzogiorno del 9 maggio da Milano per la via di Bergamo, "non senza imprudenza, essendo comparsi poco dopo i Francesi a far scorrerie su quella strada", giungeva nella città orobica ed il giorno successivo transitava da Palazzolo. Dopo la sua carrozza seguivano quella della moglie, con il Principe Albani, la marchesa Cusani, il maggiore Litta ed il Conte Emanuele di Hermiller. Mente l'attenzione dei Palazzolesi era attirata dal passaggio del seguito dell'Arciduca, si udivano lontani e quasi soffocati i cannoni tuonare verso Lodi, dove nella stessa giornata Napoleone, alla testa dei suoi soldati, ne attraversava vittorioso

il ponte, che gli apriva la strada verso Milano.

Il giorno dopo giungevano altre carrozze col conte Wilczek, commissario imperiale e Ministro Plenipotenziario in Milano seguito tosto dalle truppe austriache in ritirata davanti alle avanguardie francesi.

Tale transito di soldati continuò anche nei giorni dal 20 al 25 maggio suscitando sentimenti contrastanti perché se molti apparivano pensierosi e scontenti, non pochi tradivano colla gioia del volto l'intimo stato d'animo loro.

Napoleone, dice Stendal nella "Certosa di Parma", il 15 maggio "entrava in Milano alla testa del giovane esercito che aveva varcato il ponte di Lodi e mostrato al mondo come dopo tanti secoli, Cesare ed Alessandro, avessero un successore" e trattenutosi qui pochi giorni, riavanzava, passava l'Oglio ((l ~Qlazzalo ed entrava nel Territorio della Repubblica veneta, che per la terza o quarta volta deliberò, non tra pace e guerra, ma tra neutralità armata o disarmata e s'appigliò a questa.

Questo esercito francese che durante il mese di giugno transitò da noi con cavalleria e fanteria divenne una calamità per tutti, perché esigeva vettovagliamenti per le truppe e foraggio per le bestie; così il primo entusiasmo per i liberatori andava scemando e molti si auguravano che si potesse tornare agli ordinamenti ed all'amministrazione veneta che invece divenuta sempre più debole e sottomessa stava

per essere soffocata dagli avvenimenti.

La guerra tra Austriaci e Francesi continuò fino alla fine dell'anno anche se con fasi alterne, ma sempre combattuta in territorio lombardo-veneto. In mezzo a questo turbine i Palazzolesi trovarono il tempo per benedire il 3 aprile le fondamenta

del nuovo ospedale, la cui costruzione il 12 novembre successivo era giunta al tetto.

Il 15 ottobre degli ufficiali francesi visitavano Sarnico, Palazzolo e Palosco, per organizzare delle postazioni di artiglieria e prendevano possesso del nostro castello forse in vista di una eventuale ritirata, poiché l'assedio di Mantova avrebbe potuto portare ancora mutamenti a svantaggio dei Francesi, i quali dimentichi di ogni promessa fatta ai Veneziani, facevano affluire il 9 novembre, per ordine di Napoleone, da Milano soldati nel bergamasco ed il 25 dicembre 4.000 francesi comandati dal Generale

Baraguj d'Hilliers occupavano Bergamo, "per difender la dagli austriaci" come essi affermavano.

Il Congresso di Reggio del 27/30 dicembre proclamava la Repubblica Cisalpina, e

a Milano si formava una Legione Lombarda, col tricolore bianco, rosso, e verde.

Il nostro Comune era amministrato ancora dal Podestà Bonati, coadiuvato da tre Sindaci: Antonio Paganini, Giuseppe Fusari e Amadio Belotto e da 36

Consiglieri che componevano la Vicinia Generale, ed erano estratti a sorte a bussola ed

a pluralità di voti, metà dal maggiore estimo e metà dal minore estimo catastale, in base cioé alla quantità degli averi.

Anno 1797 - Palazzolo da VENETA, diviene CISALPINA

 

Il 1797 si apriva con una quarta discesa austriaca, con una quarta difesa offensiva e nuove vittorie del Bonaparte.

Le nostre popolazioni assistevano alla fine della dominazione veneta, all'instaurarsi di quella francese ed infine alla nascita della Repubblica Cisalpina, sotto la protezione francese.

Il Pezzoni nella sua cronaca, ricorda che il 7 febbraio i "Giacobini hanno piantato l'albero della libertà di paghera verde" e con senso di disprezzo aggiunge "perché sperano abbia a germogliare", mentre in altra memoria storica questo avvenimento viene collocato al 26 aprile. Ora siamo propensi a credere più alla seconda data che alla prima perché in febbraio la fazione giacobina non aveva ancora preso il sopravvento e perché a Bergamo l'albero veniva piantato in marzo dopo che l'amministrazione veneta era definitivamente caduta.

Infatti il 12 marzo i Francesi a Bergamo si sostituirono alla guarnigione veneta

ed il 13 Alessandro Ottolini, ultimo Rettore veneto, veniva accompagnato fino a Seriate, da un Ufficiale Francese e poi prendeva le via di Brescia, passando da Palazzolo il giorno successivo. Bergamo non era più veneta, ma si proclama Repubblica, sotto il controllo francese. Venivano abbattute la insegne del Leone di S. Marco, come avvenne anche a Palazzolo, ed innalzato l'albero della libertà, tra lo squillare del campanone, i rulli dei tamburi, i colpi di cannone sparati a salve dal castello ed il facile delirio della folla e quindi dopo i discorsi, il ballo pubblico.

Fra la gente comparivano sempre più frequenti i calzoni verdi, detti più tardi, alla cisalpina, scomparivano invece le parrucche e le code, e anche fra gli aristocratici si cominciava a usare il "tu" ed il repubblicano appellativo di "cittadino".

Il 18 marzo, 120 Bergamaschi a piedi e 40 a cavallo, con due cannoni si dirigevano a Brescia per aiutare la città, insorta il giorno 17 e proclamatasi anch'essa "REPUBBLICA BRESCIANA".

Tutte queste notizie giungevano anche a Palazzolo, accompagnate da un Proclama che il 17 marzo il Vescovo di Bergamo, mons. Dolfin, faceva affiggere anche da noi e che esortava il popolo ad uniformarsi alla costituzione francese e che riportiamo come documento interessante per capire i tempi dei quali parliamo.

Il Proclama diceva: LIBERTA'- UGUAGLIANZA .

Giampaolo Dolfin-Vescovo di Bergamo

Ai venerandi Parroci della Città e Diocesi di Bergamo

Ogni potestà viene da Dio per sentimento incontrastabile delle divine scritture. Quindi chi obbedisce alle Secolari Potestà, a Dio obbedisce, e chiunque vi fa resistenza, resiste a Dio. Nella presente nuova forma di Governo secolare, a cui l'Universale Signore della terra e di tutta la di Lui ampiezza, ci ha voluto condurre, é indispensabile incarico del Sacro vostro ministero, fratelli Venerabili in Gesù Cristo, di spiegare con zelo e con chiarezza nei Parrocchiali vostri sermoni e catechismi, l'essenza del dovere,

che hanno li rispettivi parrocchiani di obbedire con sentimento cordiale alle giuste sociali leggi di questo Popolo Bergamasco, rappresentato dalla sua Municipalit‡ e difeso dalla sincera e valida protezione della Repubblica Francese; e tutto ciò perché promettono ed assicurano di mantenere dappertutto pura ed intatta la divina Religione

Cattolica, che professiamo, di conservare le rispettive proprietà, e di adoperare li

mezzi agevoli ed efficaci al felice conseguimento della comune pubblica tranquillità.

Negligentando voi un obbligo di tale importanza, vi rendereste rei di inescusabile omissione, e se ad onta delle lodevoli vostre diligenze, vi fosse taluno, che ricredesse di prestar la debita sottomissione, questi sarebbe anche colpevole presso degli uomini e meritevole di esemplare castigo. Iddio Signore Padre di bontà, e di tutte le misericordie, allontani sempre ogni male dal dilettissimo Popolo Bergamasco, cui impartiamo

di cuore la Pastorale benedizione.

Dal Palazzo Vescovile, 15 marzo 1797

I PALAZZOLESI SI RIBELLANO ALLA REPUBBLICA DI VENEZIA

 

Il 23 marzo "molti di Palazzolo si ribellavano al Governo Veneziano e giuravano di non

riconoscere altro che il Popolo Sovrano di Brescia, che si era messo sotto la protezione francese" e l'Odorici affermava che "alcuni di Palazzolo furono i primi a fraternizzare con Brescia"per l'evidente risonanza avuta a Palazzolo degli avvenimenti che avevano avuto luogo a Bergamo e dei quali così vasta eco era giunta fino a noi. Evidentemente non tutti approvavano questo passaggio da una dominazione all'altra, anche se la francese era paludata dalla parvenza della sovranità popolare ed il 13 aprile ci "furono alcuni scioperanti di Calcine e Riva che andavano per il paese vagando ed insultando varie persone del partito francese".

Il giorno dopo, però, passando dei soldati francesi, furono informati dell'accaduto e saccheggiarono le case degli scioperanti di ieri.

≠ gnani e Schivardi, probabilmente perché Nobili e sospettate di sentimenti antifrancesi.

Il 7 aprile il Governo Provvisorio di Brescia, ordinava la consegna delle armi, sia

da fuoco sia da taglio, sotto pena d'essere abbruciate le case dei trasgressori e promettendo un premio di venti zecchini a chi li avesse denunciati.

Le armi raccolte furono poi 1'11 aprile spedite a Lodi. Solo ai partigiani francesi venne permesso di portare armi, raccolte nella casa del loro capo Torre Giuseppe.

La festa di s. Marco del 25 aprile, veniva sospesa e poiché i Nobili erano sottoposti ad angherie il 15 giugno un picchetto di francesi venne qui inviato a far loro la guardia ed a mantenere l'ordine pubblico.

Il 1° maggio Napoleone dichiarava guerra alla Repubblica Veneta e le truppe francesi il 16 maggio entravano a Venezia abbandonata.

Il 21 giugno il Governo di Brescia mandava a prendere gli oggetti d'oro e l'argenteria delle chiese, per un totale di 17 pesi che venivano poi inviati a Milano per la fusione.

LUNGO L'OGLIO PASSAVA IL CONFINE

Palazzolo divisa

 

Le prime avvisaglie della divisione della nostra terra erano portate a Palazzolo da una lettera che il Commissario Nazionale, in nome del Popolo Sovrano di Brescia inviava alla Municipalità di Palazzolo: "Si crede che il fiume Oglio, essendo fissato per divisione tra la Repubblica Cisalpina e la nostra, codesto Municipio sia per essere partito. Se, voi rilevate che per timore d'inconvenienza coi suoi interessi quella parte di

popolazione che trovasi di là dell'Oglio desideri di rimaner unita come presente e di formar parte di questa Repubblica, occorre che deputi una Persona la quale con lettera che le verrà data dal Cittadino Rappresentante Giuseppe Fenaroli si presenti dal Generale in Capo Bonaparte per intercedere il consenso".

Chiari, Capo Cantone dell'Alto Oglio, 18 luglio 1797-Anno primo della libertà.

Sul retro della lettera c'era un'annotazione: "il cittadino Prestini é istruito dell'affare, conferite con lui per rilevare il desiderio di quei di Mura e poi prendete partito". firmato Bettolini - Commissario.

Le petizioni ed i desideri degli abitanti di Mura non dovevano servire a modificare minimamente una situazione che era la conseguenza della pace firmata a Loeben il 17 aprile fra la Francia e l'Austria, con la quale quest'ultima cedeva alla Francia il Belgio, il Milanese, da rivolgersi in Repubblica, e si compensava in Germania coi Principati Ecclesiastici da abolirsi, in Italia col territorio della Repubblica Veneta fino all'Oglio, rimanendo Venezia da compensarsi con le Legazioni e Modena, cioé colla effimera Repubblica Cispadana.

il 28 luglio i Bergamaschi pubblicavano un manifesto col quale si dichiarava Mura unita al Dominio di Bergamo ed alla Cisalpina, mentre il resto di Palazzolo passava sotto l'Austria; anche la nostra terra veniva ripartita a piacere dei conquistatori senza alcun riguardo ai desideri degli abitanti.

In questo stesso mese di luglio, precisamente il 9, con la riunione delle Repubbliche Cispadana e Transpadana veniva costituita la Repubblica Cisalpina e con decreto del Bonaparte del 26 luglio veniva istituito il Dipartimento del Serio che era esteso fino all'Oglio, sicché vi restavano incorporate le parti della Valle Canonica e di Palazzolo poste sulla sponda destra del fiume e certo Marconi fu delegato a prenderne possesso quale Commissario della nuova Repubblica.

Le voci di malcontento delle popolazioni per questa divisione artificiosa che risuscitava assurde situazioni scomparse fin dal 1200, costringevano il Commissario della Cisalpina Mascheroni e Giuseppe Fenaroli, rappresentante dei Bresciani, al quale si erano rivolti anche i Palazzolesi, a esaminare la questione, essi conclusero che sia la Valle Camonica che il nostro territorio erano indivisibili, ma il Mozzoni il 6 agosto pubblicò un manifesto diretto alle popolazioni della Valle e di Palazzolo alla destra

dell'Oglio, in cui spiegava che il Bonaparte non aveva inteso "separare gli animi dei valorosi popoli Camuni, né rompere l'amicizia strettissima" tra gli abitanti delle due sponde dell'Oglio, ma soltanto fissare il confine naturale al Dipartimento del Serio.

Il 12 agosto arrivavano a Palazzolo dei Commissari della Cisalpina che prendevano possesso di Mura e ponevano al ponte delle guardie per la riscossione del dazio sulle merci che dalla Cisalpina passavano nel territorio del Sovrano popolo di Brescia e viceversa.

MURA TORNA UNITA A PALAZZOLO

Questa situazione era destinata a modificarsi, infatti a seguito del trattato di

Campoformio del 18 ottobre 1797, l'Austria, che cedeva alla Francia la sponda sinistra

del Reno e la piazzaforte di Magonza e riconosceva l'indipendenza della Cisalpina, in

compenso aveva i domini della Repubblica di Venezia fino al Garda ed all'Adige.

La modificazione dei precedenti preliminari di Loeben faceva terminare la divisione della nostra terra che ritornava unita, non essendo più l'Oglio confine tra le due repubbliche, ed il 30 novembre Mura si riuniva al resto del paese con grande gioia dei Palazzolesi.

A capo della municipalità, invece del Podestà di istituzione veneta, c'era un Giudice di Pace provvisorio che operava in nome del Sovrano popolo di Brescia, poi in nome della Cisalpina ed aveva il suo ufficio chiamato"burò" alla francese. Le sue funzioni erano eminentemente giuridiche.

La voce di Palazzolo,3 marzo 1962

 

PAGE

PAGE 1