Gli arcipreti della nostra parrocchia lungo il corso dei secoli (1)
La prossima nomina del nuovo arciprete della parrocchia di S. Maria Assunta, mi offre l’occasione propizia per presentare ai lettori il materiale che ho raccolto sui 25 Arcipreti che hanno retto la nostra “Pieve” e che sono stati per otto secoli la “voce di Dio” gli ammaestratori del gregge cristiano, i dispensatori della grazia attraverso i Sacramenti, gli “unti del Signore” che la provvidenza ha assegnato alla nostra terra.
Ho incontrato delle difficoltà nel reperire dati storici, soprattutto nei secoli anteriori al Concilio di Trento, allorquando le investiture dei benefici parrocchiali erano affidate all’arbitrio dei vescovi o dei patroni e si conferivano o tramutavano per rinuncia, per permuta, per riserva o per commenda fra la conferma e l’autorizzazione superiore della S. Sede o del Vescovo. Gi atti di queste investiture che restavano presso gli interessati, sfuggono perciò alla ricerca che si può effettuare negli Archivi della Curia, organizzati solo col vescovo Bollani (1575). Dopo il Concilio di Trento le investiture furono sottratte a quegli arbitrii e sottoposte alle nuove norme giuridiche del concorso e dell’esame canonico. Bisogna inoltre ricordare che sempre fino agli anni post-tridentini gli arcipreti non risiedevano sempre in Palazzolo, ma a Brescia e qui tenevano dei preti stipendiati.
Giova anche precisare che ogni parrocchia ha un suo titolo giuridico nella gerarchia ecclesiastica che spetta all’investito e anche questi diversi titoli hanno la loro ragione storica che va puntualizzata anche per quanto riguarda Palazzolo.
La nostra parrocchia è sempre stata considerata “pievana” ed ha avuto un “arciprete”, quale capo della sua chiesa; infatti essa aveva una giurisdizione su un territorio vasto e del suo arciprete dipendevano altri preti, diaconi e chierici che costituivano con lui il capitolo plebanale. Una graduale evoluzione ha condotto al distacco dalla nostra pieve delle parrocchie-villaggio divenute tali per l’accresciuta popolazione in modo da ottenere il loro parroco come Pontoglio, Palosco, distaccate dalla nostra nei secoli passati.
Negli ultimi anni essa si è ridotta vieppiù per la creazione delle altre tre parrocchie cittadine.
Le fonti per questo studio non si possono dire numerose, e in prevalenza sono costituite da elenchi. Mi sono rivolto con buoni risultati ai libri dell’Archivio parrocchiale, nei quali ho trovato, a partire dal sec. XVIII sotto la data di morte dei vari arcipreti dei necrologi, che verrò traducendo dal latino, lingua nella quale sono stati stesi.
Questo lavoro non ha la pretesa di essere completo e potrà essere ampliato da altre ricerche e soprattutto da uno studio più vasto sulla vita religiosa della nostra terra, di cui gli arcipreti sono stati per secoli i principali artefici.
SERIE DEGLI ARCIPRETI
1-Arnolfo (1154). – E’ probabile che prima di questo ne siano esistiti altri, ma i loro nomi sono sconosciuti. Scrive il Maza Brescianini: “Certo è, che ben presto (8 giugno 1154) troviamo la chiesa nostra essere plebana e vediamo il suo Archipresbiter, Arnolfo, chiamato ad eleggere il vescovo-conte di Brescia, avente dominio sulle città e sulle castella e territorio bresciano”. Questi era anche Canonico della Cattedrale di Brescia.
Per mostrare come la nostra pieve e la nostra terra fossero oggetto di preferenza dei vescovi di Brescia, accennerò al fatto della venuta a Palazzolo del vescovo Giovanni da Fiumicello che, come si legge negli “Annales Brixienses” “il giorno 10 novembre dell’anno 1195 morì in Palazzolo” e il suo corpo venne poi traslato a Brescia. Alcuni scrittori notano come questo Vescovo sia venuto a Palazzolo presso l’arcidiacono della Cattedrale Giovanni, detto di Palazzo (o Palazzolo) che dopo la sua morte gli succederà nella sede episcopale bresciana.
Il Rosa mette questo Giovanni da Palazzo fra gli uomini illustri palazzolesi “perché si vuole nativo o almeno oriundo di Palazzolo e precisamente della famiglia Palazzoli”. Anche questo Vescovo, cacciato da Brescia, dove divampavano le lotte fra le fazioni avversarie, si rifugiò forse presso parenti a Palazzolo dove morì il 3 agosto 1212 e quivi ricevette sepoltura.
2-Ardiccio di Scarpizzolo (1235). – Le gravi lotte intestine nelle quali fu coinvolto il suddetto Giovanni da Palazzo determinarono la successione di un presule forestiero: Alberto al quale seguì un altro forestiero, il bergamasco Guala. E poiché questi due vescovi furono impegnati nelle grandi vicende politiche e religiose del tempo, si rese necessaria la istituzione dell’ufficio di Vicario Generale, che appare affidato ad ecclesiatici locali di particolare prestigio.
Il primo Vicario Generale di Brescia appare nel 1235, proprio sotto il vescovo Guala, ed è un Martinengo, Ardiccio di Scarpizzolo, arciprete della pieve di Palazzolo.
Egli conservò detto titolo anche sotto il vescovo Azzone, succeduto al Guala e godeva anche delle decime delle due Pieve di Oriano e Quinzano.
3-Bonfato (1275). – Il 21 settembre 1275 Berardo Maggi venne eletto alla cattedra episcopale di Brescia. L’elezione avvenne in modo solenne e la composizione dell’assemblea risulta dal documento dell’elezione. Fra i 31 arcipreti del contado figura anche quello di Bonfato, arciprete della Pieve di Palazzolo.
4-Bernardo (1332 e 1350). – Nell’elenco che il Guerrini fa seguire al primo vol. degli Atti della Visita Bollani, non compare questo arciprete che invece è annotato fra le omissioni e correzioni. Si sa che fu arciprete negli anni 1332 e 1350.
5-Giacomo De Colognolis (1390). – Presso tutte le pievi della diocesi bresciana, che erano una settantina, dovevano esistere collegi di chierici, che conducevano vita canonicale in forma più o meno rigida secondo i tempi e i luoghi. Anche la nostra pieve (secondo quanto scrisse il Guerrini) era officiata da un Capitolo di canonici, preseduto dall’arciprete; i canonici erano sacerdoti, diaconi e chierici, facevano vita in comune, possedevano insieme un solo beneficio o massa capitolare, officiavano nella pieve e nel pievato sotto la diretta giurisdizione dell’arciprete.
Quando la vita in comune del clero decadde nel sec. XVI anche il Capitolo della nostra pieve seguì la sorte comune. Ridotto a tre soli membri, l’arciprete e due canonici continuavano però ad amministrare l’unico beneficio capitolare, intorno alla cui amministrazione si accendevano frequenti controversie. Cosicché il 6 dicembre 1390 si addiveniva alla stesura di una “Carta setentiae arbitralis DD. Archipresbiteri de Palatiolo et sacerdotum suorum”, che poneva termine all’annosa questione.
Il documento che è contenuto nel memoriale:”Per il rev. D. Angelo Muzio”…(Stampa del sec. XVIII che citerò più volte). Nomina l’arciprete don Giacomo di Colognolis e i due canonici Giovanni Zamara e Giovanni de Gisolfi di Alino e stabilisce che nello spazio di un mese i tre suddetti sacerdoti eleggano sei buoni e legali uomini che divideranno tutte le possessioni, i redditi, i beni mobili della Pieve in quattro parti delle quali due toccheranno all’arciprete e le altre due ai due canonici. Abbiamo cosi l’atto di nascita dei due canonicati I e II che esistono tutt’ora. Il documento sancisce anche gli obblighi dei canonici che più volte furono oggetto di dispute fino alla fine del sec. XVIII.
Questo arciprete bergamasco era di Santo Stefano e godeva contemporaneamente della prebenda canonicale di Palazzolo e parrocchiale di Palosco, che forse era soggetto ancora alla nostra Pieve
6-Giovanni de Prenegaris (di Santo Pellegrino), (1444). Ho già accennato alle liti fra l’arciprete e i canonici, e di nuovo essa è occasione di una nuova “sententia” pronunciata il 12 febbraio 1444 dal Podestà di Palazzolo nobile Tonino di Bernardo contro uno solo dei canonici, è don Alessandro de Donselli, che rifiutava obbedienza e sottomissione all’arciprete don Giovanni De Prenegaris (o Presaderis). Questo arciprete appartiene alla famiglia palazzolese detta di “Santo Pellegrino o Peregrino” (forse perché proveniente da questa località del Bergamasco.
7-Giorgio Donesani (di Caravaggio), (1460). – Questo arciprete è più volte menzionato nei documenti che riguardano la “condotta” ebraica di Palazzolo. È infatti lui che il 27 maggio 1461 sottoscrive per ricevuta la Bolla del Vescovo di Brescia del 22 dello stesso mese in cui si ordina all’arciprete stesso di vigilare affinché nessuno osi violare, sotto pena di scomunica, la convenzione stipulata tra gli Ebrei e il Comune di Palazzolo.
Lo troviamo nominato nel 1468 nei documenti della Vicina Generale convocata nella primitiva “chiesa vecchia” nella quale 219 capifamiglia decisero di non rinnovare agli Ebrei la concessione di tenere per altri dieci anni il loro banco pegni (cfr: F. Chiappa: Una colonia ebraica…).
8-Giacomo Fontana (di Palazzolo), (1493) – Durante gli anni di parrocchiano di questo arciprete vennero compiuti importanti lavori di ingrandimento della chiesa vecchia. Infatti nel periodo dal 1480 al 1520 circa, si hanno notizie dell’ampliamento della pieve che venne allargata sul lato sud verso la odierna piazza Tamanza. In questa trasformazione vennero incorporate nella chiesa la cappella di S. Fedele ed il Torrazzo delle ore e costruito quel meraviglioso portico antistante l’entrata laterale.
9-Faustino De Meiorini (di Santo Pellegrino), (1532 – 1562). – Nel “Catalogo Queriniano dei Benefici dell’anno 1532, è annotato come Arciprete questo don Faustino Meiorini appartenente alla famiglia palazzolese di “Santo Pellegrino” come già il suo precedessore Giovanni de Prenegaris. Egli abitava però a Brescia, ciò risulta da un atto di permuta del 20 novembre 1537, e la sua casa era in “platea novarini”. Morì intorno all’anno 1562 e nel suo testamento lasciò 22 ducati all’altare di Santa Caterina , che si pensa fosse di juspatronato della sua famiglia, con l’obbligo della celebrazione quotidiana della Santa Messa in vantaggio della sua anima. Nel 1560, la nostra parrocchia venne visitata dal prevosto di Chiari Giovita Cogi mandato dal Vescovo di Brescia.
10-Leonardo De Limesani (di Gottolengo) (1562 – 1564). – Sfogliando il II volume che contiene gli atti della Visita del vescovo Bollani, ho trovato questo sacerdote come rettore, nel 1565, della Chiesa di S. Michele di Bassano Bresciano. Egli riceveva uno stipendio di 50 scudi d’oro, ma i frutti del beneficio, che doveva essere piuttosto pingue, erano percepiti dal rev. Vescovo di Termoli, cioè dal palazzolese mons. Vicenzo Duranti che tenne in commenda il beneficio parrocchiale di Bassano dal 1539 al 1570, data della sue morte. È facile fare una supposizione: siccome nel beneficio parrocchiale di Palazzolo successe al Limesani un Duranti, egli venne forse costretto nel 1564 a rinunciare ed invitato a passare in un’altra parrocchia dove la “longa manus” dei Duranti gli aveva trovato un altro posto.
11-Giuseppe Duranti (di Palazzolo), (1564 – 1606?). – Fatto rinunciare il suo predecessore il 13 giugno 1564 viene nominato arciprete questo membro della famiglia allora più famosa e più potente di Palazzolo che contava due vescovi e un cardinale.
Egli era nato nel 1534 e assunse l’incarico all’età di trent’anni. Il suo parrocchiano fu lungo e pieno di avvenimenti eccezionali essendo caduto negli anni post-conciliari. Ebbe infatti la nostra parrocchia quattro Visite pastorali: nel 1565 quella del vescovo Bolani, nel 1572 quella di mons. Pilati, nel 1580 quella di mons. Abbiati di Foreriis e quella di San Carlo in persona, e nel 1599 quella del vescovo Marino Giorni. È appunto dagli atti della Visita di San Carlo che apprendiamo che il nostro arciprete era un uomo di buoni costumi (anche se aveva cercato di usurpare dei terreni non suoi) che era fornito di mediocre cultura e abitava nelle case parrocchiali (canonica) annesse alla chiesa parrocchiale (cfr. F. Ghidotti: la visita di S. Borromeo alla parrocchia di Palazzolo).
Il Guerrini nel suo elenco degli arcipreti della nostra parrocchia avanzò l’ipotesi che l’arciprete Duranti rinunciò alla sua carica e gli successe un altro Duranti: mons. Giulio. Non ho potuto trovare notizie pro o contro questa ipotesi, resta però il fatto che nel 1599 parroco è ancora don Giuseppe e che don Giulio è secondo canonico dal 1589. Si può pensare semmai che il canonico don Giulio abbia esercitato le funzioni di arciprete vivente don Giuseppe o alla sua morte in attesa della nomina del nuovo arciprete.
Il Rosa mette questo Giovanni da Palazzo fra gli uomini illustri palazzolesi “perché si vuole nativo o almeno oriundo di Palazzolo e precisamente della famiglia Palazzoli”. Anche questo Vescovo, cacciato da Brescia, dove divampavano le lotte fra le fazioni avversarie, si rifugiò forse presso parenti a Palazzolo dove morì il 3 agosto 1212 e quivi ricevette sepoltura.
12-Ventura Acchiappati (di Bisogne), (1606 – 1651).
Era nato nel 1576 ed era a Palazzolo fin dal 1600, cioè a circa 24 anni, quasi sicuramente quando era già prete incaricato, come cappellano stipendiato, di celebrare presso qualche altare o qualche “Scuola” della nostra parrocchia. Il 18 dicembre 1606 venne nominato arciprete e fece il suo ingresso nei primi mesi del 1607.
Il suo parrocchiano si prolungò per 45 anni, finchè don Stefano rinunciò in favore di un nipote avendo raggiunto i 75 anni d’età.
Egli però continuò a far parte del clero palazzolese come cappellano della Scuola del SS. Rosario e continuò ad esercitare le funzioni di Vicario Foraneo.
Il suo nome figurava su un marmo murato nelle stanze dell’antico palazzo del Comune e ricordava come nell’anno 1618 l’edificio era stato sistemato essendo arciprete don Acchiappati e podestà Lucidoro Foresti. Fu lui che incoraggiò i vicine della frazione di San Pancrazio a costruire la prima chiesetta della contrada, che fece a sue spese fabbricare il portale sul cui architrave fece incidere la scritta: Ventura Achiapatus Archip. Palatioli. Regalò inoltre dei paramenti, un calice e un messale per la celebrazione della messa. Fu lui che sostenne una lunga vertenza con l’arciprete della parrocchia di Erbusco per i diritti della parrocchia di Palazzolo sulla terra di San Pancrazio.
13-Stefano Acchiappati (1651 – 1657). – Subentrò allo zio don Ventura il 12 agosto 1561 e fu arciprete per soli sei anni. La sua morte, avvenuta nel settembre 1657, venne messa in relazione con la lunga lite alla quale ho già accennato in corso fin dal 1654 per la giurisdizione sulla chiesa di San Pancrazio. Egli infatti venne trovato annegato nella seriola Fusia poco lontano da Palazzolo e negli interrogatori, effettuati nel corso della lunga vertenza, ai testimoni più volte venne chiesto se conoscevano i nomi degli “interfettori” dell’arciprete di Palazzolo.
Questo evento non è del tutto improbabile poiché in quegli anni i “bravi” del conte Cesare Martinengo di Erbusco erano sempre pronti a far giustizia delle persone che davano qualche fastidio.
La voce di Palazzolo,2 luglio 1966
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