Nel 150° anniversario della morte dello storiografo don vincenzo rosa
pubblicato il: 15/06/1968
da: La voce di palazzolo

Nel centocinquantesimo della morte dello storiografo don Vincenzo Rosa

Il 2 giugno 1818, all’età di 67 anni compiuti, moriva in Pavia il palazzolese don Vincenzo Rosa, al quale è dedicata la Piazzetta detta una volta popolarmente “la liretta”, piazzetta sulla quale si affacciava la casa in cui il Rosa era nato ed aveva abitato con la sua famiglia.

Perché non passi inosservato questo anniversario della morte del primo storico palazzolese, cercherò di tracciarne brevemente la biografia e di elencare le sue opere stampate e manoscritte.

Vincenzo Rosa, secondogenito dei coniugi Francesco Alberto Rosa e Angela Maria Costa, nacque a Palazzolo il 24 agosto 1750. Dopo aver appreso i primi rudimenti della lettura da un maestro privato, frequentò le scuole pubbliche “della Carità” aperte a Palazzolo per volontà testamentaria del benemerito sacerdote don Luigi Tamanza. Seguì quindi i corsi di grammatica, umanità, retorica e filosofia impartiti ai giovinetti palazzolesi da don Giuseppe Casagrandi, canonico della nostra parrocchia. A diciannove anni compiuti si recò a Brescia per studiare il Diritto civile e negli anni successivi, la teologia.

Divenuto sacerdote nel 1755 entrò come precettore in casa di quel cavaliere e conte Durante Duranti, poeta e imitatore del Parini, che era stato già suo padrino della cresima, ma che più tardi doveva essere suo acerrimo avversario quando scoppiò la famosa lite per i banchi della parrocchiale. Tenne anche scuola ai giovinetti di Palazzolo per i quali, compilò un “corso di filosofia” impostato in modo nuovo ed originale.

Fin dal 1760-70 egli aveva tenuto annotati degli avvenimenti astronomici straordinari, come comparsa di comete e di aurore boreali; l’aver poi trovato alcune memorie riguardanti la storia di Palazzolo, sua patria, degne di essere conservate, gli fece nascere il pensiero di farne una raccolta organica. Queste sue prime fatiche letterarie furono lodate da amici e conoscenti. Fra questi Giuseppe Omboni, che aveva anche lui scritto, in un grosso libro, delle notizie sulla sua vita, su quella dei suoi amici, specialmente alla loro morte, e sugli avvenimenti di Palazzolo. Fu lui che lo spinse a compilare l’Annale del 1775.

Anche il pittore Pietro Civili, emigrato poi al Cairo, lo incoraggiò e stimolò a raccogliere ordinatamente e metodicamente delle memorie storiche.

Nel 1776 cominciò, perciò, a trascrivere, da un manoscritto che gli era stato favorito da un amico, il Chronicum Brixiense del Malvezzi, annotandovi varianti ed aggiunte, in modo da renderlo più completo di quello pubblicato dal Muratori nei suoi Rerum Italicarum Scriptores.

Nel 1788 scoppiò a Palazzolo, con particolare calore, la disputa sull’uso pubblico dei banchi della nuova parrocchiale e, tale questione, investì anche il nostro Rosa che si schierò contro i possessori dei banchi personali e privilegiati. Con il prete Masneri finì in carcere e, in tale occasione, ebbe bisogno di scrivere una grande quantità di carte, documenti, memoriali per la sua e altrui difesa, raccolte poi, molto ordinatamente, nel codice manoscritto " Memorie sulla contesa nata in Palazzolo l'anno1788 per i banchi della nuova parrocchiale e sugli effetti che ne seguirono,raccolte e scritte al sig. Pietro Civili, pittore al Cairo, da don Vincenzo Rosa, l’anno 1782”.

A quel tempo Egli non aveva ancora ideato di scrivere una giornaliera “cronaca” della sua vita. Fu solo il 16 novembre 1785, allorché lasciò, dopo sei anni di permanenza, il Collegio dell’Annunziata sul Monte Orfano di Rovato, dove era stato in qualità di maestro e superiore, che cominciò a scrivere le “Memorie mie”, divenute sempre più vaste, tanto da raggiungere i diciassette volumi.

Recatosi a Brescia nel Collegio dei Padri Somaschi vi insegnò geografia e retorica, ma solo per un anno, poiché si recò prima a Milano e poi a Pavia dove fu chiamato a custodire la parte animale del Museo di Storia naturale di quella Università.

In questo impegno rimase per trentadue anni non risparmiando zelo, studio e fatica onde ampliarne la raccolta e ordinarla secondo il metodo linneiano. Anzi, per aggiungervi nuovi esemplari, nel 1792-93 compì un viaggio in Sardegna e in Africa.

Ancora a Pavia, in una pausa dei suoi studi scientifici, portò a compimento, nel gennaio del 1800, le sue”Memorie” personali che, iniziate come abbiamo visto a un termine intermedio della sua vita, non avevano alcun principio. Egli riunì in due volumi le notizie sull’origine della sua famiglia, quelle della sua nascita, della sua educazione e studi fino al 1785.

Le vicende politiche di quegli anni coinvolsero anche Lui che, anche per una vocazione sacerdotale già vacillante fin dall’inizio, ebbe la debolezza di abbandonare il sacerdozio sottraendosi agli obblighi ad esso inerenti e liberamente assunti e consacrati. In omaggio alle nuove idee venute dalla Francia, lasciò l’abito ecclesiastico ed il 28 ottobre 1801, a cinquant’anni di età, sposò Marianna Rosa Chiusi di Salò, giovinetta di appena ventidue anni. Da tale matrimonio nacque il 22 agosto 1802 un figlio, Vincenzo Mariano, ma sia la giovane moglie, che il figlio gli morirono nello spazio di poco più d’un anno, la moglie il 24 aprile 1814 e il figlio il 12 luglio 1815.

L’anziano studioso, toccato da tali sventure nelle quali ravvisò la mano di Dio che lo invitava al ravvedimento, passò gli ultimi anni nel silenzio e nella solitudine della sua casa e il 31 dicembre 1815 pose fine all’ultimo volume delle sue Memorie personali. La morte lo colse in Pavia il 2 giugno 1818 a sessantasette anni compiuti.

Il Rosa lasciò le seguenti opere a stampa: Geografia per i fanciulli studenti, Milano, 1787; Metodo per preparare e conservare gli uccelli per i gabinetti di storia naturale, Pavia, 1796; Lettere zoologiche, ossia osservazioni sopra diversi animali, Pavia, 1796; Sul celibato e sul matrimonio degli ecclesiastici. Dissertazioni due, Pavia, 1798.

Le opere manoscritte, lasciate per sua volontà testamentaria all’amico dott. Giovanni Labus, archeologo ed epigrafista insigne, furono da questi passate alla Biblioteca del Seminario Vescovile di Mantova dove ora si trovano. Esse comprendono: Giornale de’ miei viaggi, voll. 17; Opuscoli di vario argomento, voll. 6; Pensieri, estratti e schede preparate e disposte sotto le rubriche di diverse scientifiche facoltà, voll. 26; Lettere, vol. 1.

La Voce di Palazzolo, 15 giugno 1968