La chiesa vecchia sede dell'auditorium s.fedele
pubblicato il: 02/03/1973
da: La voce di palazzolo

LA “CHIESA VECCHIA” SEDE DELL’AUDITORIUM S.FEDELE

L’INAUGURAZIONE SABATO 3 MARZO CON UN CONCERTO VOCALE – STRUMENTALE

Dopo un’ennesima opera di sistemazione della vecchia Pieve (stavolta è stato rifatto il tetto e collocato un impianto di riscaldamento) l’antica chiesa verrà, sabato 3 marzo, riaperta all’uso pubblico con un concerto. La stessa è chiamata col nome di “Auditorium San Fedele” e viene a sostituire, come sala per la comunità oltre che parrocchiale anche civile, l’ Auditorium G. Tovini, che per quasi vent’anni è stato utilizzato per questi stessi scopi.

Questa circostanza ci induce a pubblicare alcuni stralci del manoscritto “Istoria semplice ma veridica della fabbrica della parrocchiale archipresbiterale di Palazzolo”, steso, nella seconda metà del ‘700, dal sacerdote don Benedetto Galignani, conservato presso l’Archivio parrocchiale e che speriamo presto di poter pubblicare integralmente, data la sua importanza per la storia locale.

Si legge nel manoscritto che “verso la metà del ‘700” il nob. sig. arciprete Giovanni Suardo “dopo alcuni anni di sua residenza, bramando far dipingere e indorare dalli eccellenti Castellini di Milano la vecchia sua parrocchiale per nobilitarla alquanto, come pochi anni avanti era stata nobilitata dalli Castellini medesimi la parrocchiale di Rodegno dei Padri Olivetani, resa celebre con le loro pitture, ombre, oro e disegni, benché chiesa antica e goffa, avvisato dall’altare il popolo del suo disegno e speciosa idea, fece a tal oggetto una buona questura in chiesa e raccolse più dinari da molt’altre persone pie così che dispose le cose sue in modo che fra pochi giorni dar si doveva principio alla opera.

Quando alcuni sacerdoti, che con zelo s’impiegano nel servizio di Dio e nella cura delle anime, udendo confessioni, istruendo ignoranti e insegnando la dottrina, ispirati dal Signore, con tutta proprietà s’ingegnarono di persuadere il Parroco del suo concepito disegno e lo pregarono di abbandonare il suo impegno qual a giudizio loro riuscito sarebbe di gran spesa, ma di poco onore al paese, e di nessun vantaggio all’anime non rimediandosi alla loro necessità spirituale e che in pochi anni scolorite si sarebbero le pitture, smarriti i colori e oscurato l’oro, come si vede nelle cappelle della nostra parrocchiale e per conseguenza sarebbe ritornata la chiesa nello stato di prima, anzi più deforme per le oscurate pitture, come ogn’un vede nella Rotonda del nostro coro, onde per tali, ed altre ragioni lo pregarono a ritirarsi dalla sua impresa, anzi più tosto a metter mano alla gloriosa parrocchiale, più grande e impresa di far un’altra nuova necessità che abbiamo di quella…”

L’arciprete Suardo “sorridendo, ripulsa diede alla saggia proposizione, asserendo, esser questa fatta a lui troppo tardi, essendo egli in età avanzata e però incerto di vederla compita, che non era tanto facile trovar un luogo proprio per l’impianto di quella, qual fosse di soddisfazione a tutti, e di comodo a tutte e tre le Quadre; che non v’erano danari, né lasciti per tale oggetto e fine, onde tali ed altre difficoltà esser vana ed inutile la buona intenzione di far una nuova chiesa e che però bisognava cercar di nobilitar la vecchia e tenersi quella cara già che non si era in stato di farne un’altra nuova e che per eseguir il suo disegno era egli quasi pronto…”.

Allora si interposero altre persone e l’idea di far restaurare la vecchia chiesa venne abbandonata in attesa di prendere una decisione per la nuova costruzione.

Ma il tempo passava senza nulla di fatto, tanto che “insorse di nuovo una persona originaria G.A.R. con nuove massime e partiti, quali erano di allungar la parrocchiale vecchia d’un arco in più, trasportando il luogo Pretorio e la Cancelleria in Piazza, nel luogo della Comunità che incantasi ad uso di osteria, lontano dalla chiesa, e in tal incontro d’allungarla, mutarli ancor le finestre, facendole più maestose e di maggior luce; cambiarli il volto ossia ciltro, facendolo più elegante, restaurarla e rimodernarla e così diverrebbe quasi nuova e di buongusto e, con un arco di più, divenuta sarebbe capacissima per contenere qualsiasi popolo che accorso fosse alle nostre strepitose funzioni ed essere la cosa più facile e di minor spesa e che in tal modo si rimediava al bisogno, e a questo fine l’aveva fatta vedere a visitare da un capo maestro pensando con ciò di trarre a terra la massima della nuova chiesa…”

A queste proposte i sacerdoti risposero che:

– con l’allungare d’un arco la vecchia parrocchiale non si veniva a rimediare alla necessità delle dottrine cristiane delle donne, richiedendosi due chiese capaci, una per gli uomini e l’altra per le donne, che è il capo primario e principale;

– a far quello che egli diceva si veniva a disturbar per più anni la vecchia parrocchiale con le sue funzioni durante tal fabbrica impedita da legni e dal materiale e frastornata tutta si dallo strepito de carri delle condotte e soggetta sempre al rumore de giornalieri;

– che si veniva a lavorare muraglie vecchie, incerte di sostenere un nuovo ciltro se far si doveva, e certe di cadere per il peso grave di quello;

– che s’ornava una cosa vecchia e si rappezzava una chiesa antica con poco applauso di chi entrava o venia a vederla. E per ultimo che si metteva in una spesa grande, volendo ringiovanire il vecchio e rimodernare un antico, e si sperava trovar denaro per far ciò, lo stesso denaro trovar si poteva per principiarne una nuova…”

Per giungere ad una decisione venne convocata una Vicina Generale, cioè un’assemblea dei capifamiglia per decidere sul da farsi. Tale Vicina fu tenuta domenica 16 novembre 1749 nella sala grande Pretoria del Consiglio ed il Cancelliere Ercole Urgnani ne stese il verbale con le relative decisioni che furono 91 voti favorevoli alla nuova chiesa e tre contrari.

Da quel momento prese avvio tutta la nuova fabbrica e la “chiesa vecchia” venne lasciata nella forma che dai primi del ‘500 ha conservato fino ad oggi.

La Voce di Palazzolo, 2 marzo 1973