Un cavallo precipita nella fusia alle calci
pubblicato il: 01/04/2009
da: Il giornale della comunità

Un cavallo precipita nella Fusia alle Calci

 

Una pagina della Istoria di Giovanni Pezzoni, sotto la data dell'8 luglio 1777, ci racconta che: "Ieri sera circa le tre ore di notte, nel tirare una navetta per la Fusia, cadde il cavallo giù per la seriola e nel mentre che le genti si affaticavano dietro il medesimo, si trascurò la barca, la quale, portata dall'acqua, venne ad attraversarsi agli spartitori di sotto delle Calcine, dove fatalmente chiuse la detta seriola, sicché l'acque esalveando per le case vicine, con pericolo di tutti gli abitanti, scesero per la via delle Calcine medesima, detta la via del ferro; la strada, per essere parte di ghiaia e parte di breccia o corna, si è talmente tutta rovinata che è impossibile ad andarvi con ogni sorta di bestie ed anche difficile per gli uomini. Così successivamente, essendo passata sopra il ponte della seriola di Chiari e rotolando, ha rovinato ancora tutta la strada a monte dell'Ospitale sino all'Ollio dove si e scaricata".

Questa annotazione contiene un'imprecisione: l'ospedale lì non c'era ancora: nel 1777 era sulla Riva nella cosiddetta cascina Zorzetti e quindi l'aggiunta è dei primi anni dell'800.

Il pezzo ci aiuta a ricostruire il percorso dalla strada che da "via dei molini" raggiungeva le Calcine.

Le ore 3 di notte sono riferite al modo di misurare il tempo secondo il metodo antico, prima della rivoluzione francese. Le tre di notte sono tre ore dopo il tramonto, quindi di prima serata.

C'è un cavallo, che percorre la strada dell'Attiraglio, in sponda destra del canale, scivola e cade nell'acqua.

La navetta, che aveva superato nove ponticelli, ormai vicina al porto delle Calci, continua la sua corsa e si blocca davanti ai pilastri che servono a separare il terzo di Palazzolo da quelli di Chiari e di Rovato: crea un invaso e l'acqua tracima invadendo case e strade. La rovina maggiore riguarda il piano viabile della "via del ferro".

Si chiamava così, perché vi transitavano i carri che, prelevato il ferro dai magazzini adiacenti la Fusia, lo recapitavano alle botteghe dei fabbri ferrai. Questo tratto di via, uscendo dalla "porta molendinorum" saliva fino ad incrociare la "contrada delle Tezze" tagliando la "rosta del russ". In questi terreni si erano rifugiati gli appestati, come documentato dal cippo indicante il luogo del "pestis coemeterium". I resti furono raccolti e collocati nella chiesetta del Russ sorta nel 1797.

ll giornale della Comunità,1gennaio,2009