Il ponte carraio vittima di combattimenti del 1799
In una serie di articoli apparsi nel 1962 sulla pagina della “Voce di Palazzolo” avevo dato ampie notizie degli avvenimenti dell’anno 1799, quando Palazzolo subì gravi danni per lo scontro fra i Francesi e gli Austro-russi.
Sfogliando il “Libro dei morti” dell’Archivio Parrocchiale degli anni 1790/1817, ho trovato un’annotazione interessante che viene a completare quanto già scrissi, basandomi soprattutto sulla ‘Cronaca” di G.Pezzoni relativa a quegli anni.
Si legge infatti sotto la data del 22 aprile 1799:
“Essendosi ritirata l’armata francese di là del fiume Oglio molto gonfio, ruppe l’arco di mezzo il quale cadde all’improvviso intieramente prima che se n’avvedessero quelli che travagliavano, e che vi stavano sopra; onde tutti precipitarono nel fiume, alcuni furono tratti fuori vivi,e parecchi sono periti, cioè Carlo Vavassori, detto Scagnino, Giuseppe Ribolla da Covo, falegname, sig. Angelo Gorini e Francesco Corsini detto Luca, tutti di Palazzolo;così si crede anco Giovanni Maria Redoglio, giacchè da quel giorno in poi non se n’ha avuta notizia veruna.
Nella stessa sera principiò l’attacco ed il canonamento tra l’armata austrica-russa, in Piazza, e da quella dei francesi dalla parte della Quadra di Mura, e durò per tutto il giorno seguente,dopo il quale si ritirò l’armata francese parte all’Adda e parte a Bergamo.
In tutto questo combattimento fortunatamente non è stato ucciso nè ferito alcuno di Palazzuolo, bensì parechi austriaci ed ancor più francesi oltre i periti nella caduta del ponte, dei quali non sappiamo ne il numero preciso ne il nome eccettuato un tal conte Cremona, ufficiale dei Cacciatori austriaci stato colpito nella testa da una fucilata e morto solamente l’altro ieri e seppellito nel nostro cemeterio.
I danni,poi,gli spogli, la perdita di tanti mobili e di tanti animali bovini condotti via, lasciati al campo ed ammazzati sono incalcolabili;basta dire che pochissime e rare sono state quelle famiglie di campagna e del paese che non sieno o in parte o in tutto saccheggiate ed il maggior male è stato accagionato dai Russi.”
Da questa narrazione, stesa alcuni giorni dopo gli avvenimenti dal sacerdote che ebbe in mano il “libro”,emergono dei particolari che meritano qualche chiarimento.
Dal racconto pare di capire che sul ponte stavano lavorando dei manovali e dei falegnami palazzolesi per cercare di rendere possibile il passaggio delle numerosissime truppe (circa 3500 solo francesi con cariaggi e cannoni),quando l’arco cadde intero (tale arco lo si vede almeno poggiato sul fondo del fiume quando le sue acque sono molto limpide e quiete,arco che ha fatto sorgere nella fantasia popolare l’idea della volta di un passaggio sotterraneo dal castello all’altra riva dell’Oglio) trascinando con se i poveri operai.
I lavori dovevano essere effettuati anche durante il passaggio delle truppe cosicché anche dei soldati francesi caddero in acqua e annegarono nell’Oglio molto gonfio in quei giorni di aprile. Quelli conosciuti sono stati i cinque nominati. Il corpo di uno di essi però non è stato ripescato subito e pare lo sia stato il 5 maggio successivo.
C’è solo da immaginare il trambusto dei nostri concittadini che erano già intenti a fuggire in campagna per salvare le “robbe” dopo che l’esperienza degli anni precedenti aveva loro insegnato a temere i soldati,che, come costume,portavano via tutto quanto cadeva sotto le loro mani e il resto lo devastavano con vandalica foga.
Poi ci fu il cannoneggiamento dall’una all’altra parte del paese sempre per l’attraversamento dell’Oglio. I tedeschi, anziché attendere lo sfondamento delle linee francesi, passarono l’Oglio a Cividino per aggirare i Francesi e nello scontro a San Giovanni tra le opposte avanguardie rimasero uccisi 40 Francesi e 3 Tedeschi.
A Palazzolo il cannoneggiamento durò anche per tutto il giorno 23 aprile e i francesi prima di ritirarsi definitivamente si disposero a resistenza piazzando le artiglierie alla “croce di Bergamo”,forse una delle croci del tempo di S.Carlo posta sopra la Cesarina.
La nota accenna al maggior male che sarebbe stato cagionato dagli austro-russi che, appena arrivati a Palazzolo, cercarono di riparare il ponte e, non essendo possibile farvi transitare un sufficiente numero di soldati, ne allestirono uno provvisorio in legno.
Non solo ma bruciarono l’albero della libertà che dal 1797 campeggiava in Piazza e vi sostituirono una grande”croce adorna di falce e martello”.
Il ponte con un arco in legno,non era certo nelle migliori condizioni per sopportare il passaggio di carri pesanti e di masserizie come prima. Infatti da una delibera comunale del 31 maggio 1803 risulta che in questo spazio di tempo fu riattata provvisoriamente per due volte l’arcata e solo nel 1802 sistemata con forti legni con grande spesa del Comune,il quale per rifarsi chiese poi un aumento della tassa del pedaggio.
Ma l’opera di restauro dell’arco in mattoni venne compiuta dalla I. R. Finanza austriaca dopo il 31 ottobre 1805, il ponte e il locale dell’esattore erano passati in proprietà del demanio privando quindi il comune delle entrate dal pedaggio.
Il comune avrebbe dovuto ricevere una liquidazione stabilita dai periti nominati dalle due parti. La relativa stima ebbe luogo il 28 gennaio 1806 da parte del perito del comune Carlo Antonio Manna e dall’architetto Giovanni Donegani,padre dell’ing.Luigi che avrebbe poi costruito la facciata della nuova parrocchiale.
Nella “minuta di stima” redatta dai suddetti periti è descritto il ponte e le sue adiacenze come si trovava allora.
Essa dice,tra l’altro:
“il suddetto ponte per lo stradone postale, anticamente costrutto da questo comune,è composto da cinque pilastroni massicci di pietra portanti quattro archi pure in pietra,uno dei quali archi,cioè quello a mattina del pilastrone di mezzo,per essere stato distrutto dalle armate nel 1799 il dì 21 aprile, è ora provvisoriamente formato di legnami, tutto coperto con selciato e difeso con parapetti di muro,coperti in parte con lasse, a riserva del pezzo suddetto di legno, qual è difeso da due sbarre. Nella sua sortita (uscita) a sera (verso Mura) è munito da due pilastri di pietra con restellone in ferro ed un portello pure in ferro contiguo a monte, con due pezzi di muro a latere dei pilastri medesimi.
Nel piede dei due pilastri e massime nel taglia acqua contro la corrente, vi sono alcune mancanze e rotture che meriterebbero di essere restaurate per la sua conservazione e nel pezzo di ponte verso mezzodì (verso valle) nell’ultimo campo a sera (ultimo arco verso Mura) stato allargato anni or sono con due legni binati portanti anche il rispettivo parapetto di muro,si deve prontamente riparare e per questa parte puntellata e cadente a motivo dei consunti legni sottoposti e sostituirvi in sue vece un arco di figura di sesto acuto e dietro il suddetto esame risulta come segue... (seguono misure e prezzi relativi alle necessarie riparazioni).
Segue anche una minuta di stima della casa annessa marcata col numero civico 345 e situata a sera del ponte,cioè verso Mura, abitata dal sig. Carlo e fratelli Schivardi allora esattori del pedaggio per conto del comune. La somma totale necessaria per tutte queste opere era stimata in lire 9.293, soldi 9 e denari 5.
Anche su questo documento si possono fare alcune osservazioni:
1-il ponte oltre l’arco mancante, aveva il primo arco verso Mura,tutto o in parte fatto con legnami. Ciò si era reso necessario per allargare la sede stradale onde imboccare più facilmente il ponte ai carri allora in uso;
2-la casa del pedaggiere e perciò il posto di pagamento del pedaggio con relativo ufficio, erano sulla sponda destra, vale a dire a Mura; in mezzo al ponte esisteva ancora un restellone con a fianco ,verso monte, una portella pure in ferro, chiusure necessarie al regolare uso del ponte e del relativo diritto di pedaggio. Ecco perché, quando nel 1797 Mura venne aggregata alla Cisalpina e Palazzolo rimase sotto l’Austria, i bergamaschi si affrettarono (il 12 agosto di quell’anno) a porre guardie al ponte a riscuotere il pedaggio.
Il ponte venne riparato quasi in ogni arco con dei mattoncini di forma insolita,cioè molto sottili, che potrebbero trarre in inganno sull’epoca della loro messa in opera, con un allargamento totale della sua carreggiata che permise poi di creare i due marciapiedi laterali.
La Voce di Palazzolo, 31 luglio 1965