Le maestre delle fanciulle
Dopo aver raccontato delle “donne in fabbrica” scrivo ora della presenza femminile nella scuola.
Alla fine del Seicento, secondo i verbali della visita pastorale del 1693, le maestre di “figlie” sono Felice Vazina e Francesca Zamara. E’ la conferma che esistevano scuole private per le fanciulle, cosa assai rara per quei tempi, in cui l’istruzione era riservata solo ai maschi. Nella relazione della visita del 1703 le maestre elencate erano tre: Eleonora Zamara , Anna Maria Mariani e Paola Vazina; nel 1709 oltre la citata Paola, le figlie Annunciata e Felice Vazina “tutte tre provette e timorate di Dio e degne di approvazione”, e Francesca ed Eleonora Zamara, “oltremodo raccomandabili”. Sappiamo che le sorelle Zamara, figlie di Bartolomeo, avevano superato i quarant’anni di età quando tenevano scuola privata. Rimaste nubili, muoiono nel giro di due anni (1748-1750) ottuagenarie e sono ricordate come “la pietra fondamentale della nuova chiesa parrocchiale” avendo lasciato 400 scudi a questo scopo.
Il rettore di S.Giovanni di Mura, don Luigi Tamanza, con testamento del gennaio1705, lasciava i suoi beni perché fosse comprata una casa in piazza di Palazzolo per tenervi scuola per i fanciulli. La società del SS.Sacramento, erede universale, acquistata nel 1715 la casa, diventava il gestore della scuola detta "della carità”. Poiché nel testamento si parla di “figlioli”, solo i maschi ne furono i beneficiati.
Con la riorganizzazione della scuola operata dal Governo Provvisorio Bresciano, dal 1797 accanto alle scuole femminili private crescono quelle pubbliche con le insegnanti pagate direttamente dei comuni.
Sotto il Lombardo Veneto, nel Regolamento per il reclutamento degli insegnanti del 1818 si affermava che “la preparazione delle maestre era spesso costituita dall’acquisizione diretta dei sistemi educativi attraverso l’assistenza gratuita prestata nelle scuole”, il che equivaleva a dire che per essere maestre non occorreva un iter preparatorio, come quello dei maschi, che dovevano sostenere un esame di fronte all’ispettore provinciale dopo aver frequentato un corso obbligatorio semestrale e aver trascorso un anno in veste d’assistente presso una qualsiasi scuole elementare.
Per le maestre bastava il servizio prestato nella scuola. Ne conseguiva una minore valutazione anche economica della professionalità: lo stipendio della maestra era di L. 350 e quello del maestro di L.750.
Il nostro comune nel 1826 istituisce le scuole pubbliche femminili: una classe unica e maestra è nominata Giovanna Sessa con un salario di lire 287,36 e la sua assistente è Marianna Foresti stipendiata con L.220. Le bambine frequentanti sono poche rispetto alle aventi diritto. Nel 1838 la maestra Ceradini ha una paga di L.355 e l’assistente Colomba Mattusio L.270, che il comune fatica a pagare e lo fa con tre mesi di ritardo. Questi stipendi rimarranno invariati fino al 1860, anno i cui a Palazzolo ci sono quattro classi maschili e due femminili affidate alle maestre Giulia Piatti (II classe) e Mattusio (I classe).
Nel 1863 l’ispettore scolastico di Chiari scriveva che “l’educazione della donna così fatalmente negletta per l’innanzi, debb’esser una delle più sollecite cure dei nostri tempi e perché le scuole femminili ottengano il loro scopo, egli è mestieri che l’istruzione e l’educazione che vi si impartisce, il suggello ricevano dalle stesse maestre. Se quindi in un istitutore si richiede probità di vita ed integrità di carattere, nelle istitutrici si esige quella onestà di modi e di atti, che sempre debba accompagnare la donna e vieppiù l’educatrice delle giovinette, nelle quali il pudore, l’innocenza e la soavità di costumi sono il fiore più bello ma il più facile ad essere avvizzito”. Crescono le classi che nel 1867 sono tre, sistemate in locali presi in affitto dalla Fabbriceria.
Nel 1866 la maestra Rangoni, da tre anni a Palazzolo, insegnava alle fanciulle di classe terza, appena istituita; aveva una trentina di paganti, di ogni età; sua assistente era Alessandrina Muzio Pezzoni. Tre anni dopo la maestra di terza era Antonia Rizzini.
In quegli anni coesistevano scuole pubbliche e private, il comune non aveva mezzi finanziari sufficienti per stipendiare le insegnanti, la maestra Rizzini ebbe una paga di L.300 dal comune ma fu obbligata ad accogliere gratis le alunne uscite dalla seconda, con l’onere però dell’affitto dei locali e fu autorizzata a fare scuola anche privata.
La situazione scolastica dell’anno 1873 era la seguente: 5 classi maschili e 4 femminili, la scuola infantile (asilo) e le scuole serali per maschi e femmine.
Nel 1874 l’ispettore scolastico critica la maestra Mattusio da 37 anni nella prima femminile:”questa donna è tanto buona – scrive - per indole e virtù famigliari, quanto cattiva maestra, è proprio un inciampo che attraversa la via dell’istruzione”. Allora aveva sessant’anni, essendo nata nel 1814. Il padre Francesco era chirurgo condotto comunale dal 1802, morto a quarant’anni nel 1831. Rimasto vedovo nel 1813 di Morari Giuseppina, si era risposato con Paganini Elisabetta. La famiglia Mattusio proveniva da Antegnate. Nel 1875 Colomba era messa a riposo con diritto a pensione (L.500 per tre anni). Pensione che non potè godere a lungo perché moriva nel 1877.
Dal 1867 le maestre Mattusio e Piatti erano incaricate dell’insegnamento anche nelle scuole festive, aperte ”perché le ragazze impegnate nei diversi stabilimenti serici erano distratte dalla scuola”, e potevano frequentare le lezioni solo in giorni non lavorativi.
Le maestre d’asilo
Il primo asilo infantile viene aperto nel 1860 per iniziativa del prete Giovanni Meloni, in quegli anni consigliere comunale, ardente patriota, amico di Garibaldi. Ebbe come collaboratrice Adelaide Gorini in Omboni e Lombardi Maddalena di Cremona, prima maestra dei piccoli, “persona intelligente, di ottimi sentimenti, si dedicò con grande amore all’opera educativa ed all’istituzione appena nata”.
Il numero dei frequentanti continuò a crescere: nel 1866 erano 70 e quattro anni dopo quasi cento. Assistente della maestra Lombardi viene nominata Rachele Mentasca.
La Voce di Palazzolo, 15 dicembre 2006
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