Il monte granatico di Riva ed il lascito di donna Maddalena Duranti Fogliata
Nei primi anni del '500 sorgono a Palazzolo i monti granatici, cioè dei depositi di biade dai quali attingere nei momenti di scarsezza dei raccolti. Quando il contadino non era in grado di metter da parte la quantità di sementi per la nuova annata agraria , perché aveva divorato tutto il precedente raccolto, si rivolgeva a queste istituzioni caritative, che anticipavano le sementi che il contadino restituiva a fine raccolto. Gli veniva richiesto un piccolo interesse in cereali per conservare intatta la quantità di biade del “monte”, che diminuivano a causa della stagionatura. Diminuivano anche perché non tutti erano solleciti nella restituzione.
Il primo "monte" nasce a Mura nel 1519, seguito nel 1524 da quello di Riva, più tardi da quello di Piazza.
L'inizio, era il 10 agosto 1524, avviene con una donazione degli originari della quadra di Riva, di 11 some e 2 quarte di frumento che negli anni andarono aumentando, tanto che nel 1580, al tempo della visita di san Carlo, ascendevano a 84 some di frumentata e 6 di frumento. Vale la pena di ricordare che un carro corrispondeva a 10 some.
Il deposito era in uno dei locali della Porta di Riva, di proprietà comunale, e custodito da tre deputati e da un massaro, che ne teneva le chiavi e provvedeva alla raccolta e distribuzione, in gennaio delle sementi di miglio e a Pasqua delle sementi di grano.
Nel 1616 la signora Maddalena Duranti vedova Fogliata fa testamento e lascia 2500 lire al monte di Riva. Il notaio riceve le sue ultime volontà mentre la Duranti giace nel letto inferma, in una stanza a piano terra della casa di proprietà ed abitazione del fratello mons. Meschino Duranti, posta in contrada di Stozato, nella quadra di Riva.
Alla presenza di quattro testimoni, la signora Maddalena figlia del fu Vincenzo de Duranti, moglie del fu Gio.Battista Fogliati di Chiari, lascia le rendite annue di detto capitale perché siano distribuite ai poveri ammalati della quadra di Riva, intendendo la donatrice che siano sempre anteposti i più bisognosi a quelli che saranno “di buona voce, condizione et fama”.
La donatrice si augura che i suoi eredi debbano ritenersi soddisfatti di ciò che ha loro destinato collo stesso testamento e incarica il fratello mons. Meschino e, dopo di lui, il sig.Dionisio Facchi, insieme con due deputati della quadra di Riva, eletti dalla Vicinia Generale degli originari di detta Quadra, della esecuzione della sua volontà.
Ordina anche che la somma lasciata venga data in prestito a persone contadine di Palazzolo per farla fruttare in modo sicuro, così che il capitale si conservi nel tempo.
Allegato al testamento c’é l’elenco dei sei beneficiari che hanno ottenuto il prestito delle 2510 lire plt. che fruttano 187,25 lire all’anno e sono: Lorenzo Marenda per L.410; Novella de Provenzi detti Donati per L.300; Bettino Nazari per L. 600; Guidino Rubagotti per L. 200, Pietro Zino per L. 600 e Cristoforo Milani per L. 400.
La somma di L.187,25 era destinata annualmente ai poveri ammalati di Riva.
Fatti i confronti con il costo della vita dell’epoca le 2500 lire erano un considerevole capitale ed anche l’interesse che ne risultava era ottimo.
Come scrive il Da Lezze il pedaggio sul ponte dell’Oglio fruttava ogni anno L.400, ed il reddito dell’arciprete era di L.500 annue.
La Semente, 1 febbraio 2003
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