I colori e lo studio di Matteo Pedrali
A Palazzolo non c’era un negozio che vendesse i tubetti dei colori all’olio che Matteo utilizzava. La sua consuetudine, dai tempi dell’Accademia Carrara, era l’acquisto di questo materiale presso il colorificio Orobico di Bergamo. L’incarico di provvedere a questa incombenza era affidato alla nipote, che si recava a Bergamo con la lista della spesa-colori.
Gli “studi”
La figlia Chiara, oltre alla raccolta dei ritagli di giornali, dopo la scomparsa del padre, affidava alla Fondazione, perché li custodisse, i pezzi che componevano l’ultimo studio del pittore. Studio della casa di Via IV novembre.
Erano stati altri gli spazi che il pittore aveva adibito a “studio”. Agli inizi della carriera artistica, aveva uno spazio angusto nella casa di famiglia in Piazza Vincenzo Rosa. Dopo gli anni dell’Accademia, di Roma e Venezia,si stabilisce in un locale del palazzo occupato dalla famiglia Cicogna, confinante collo stabilimento Marzoli sulla Riva. E’ noto che i Cicogna dovettero trasferirsi nella casa a San Rocco per il disturbo causato dal rumore del maglio dell’adiacente fabbrica. Anche il pittore dovette lasciare il palazzo e trasferirsi in uno spazio nel Palazzo Rossini, in Piazza Roma, con vista sul fiume Oglio.
L’appartamento di casa Pedrali in cui viveva colla famiglia, moglie e figlia,comprendeva, oltre cucina e camera, una sala in cui il pittore aveva ricavato lo spazio per la sua attività creativa. Non un vero studio, perché Matteo disegnava con tempi e modi del tutto originali.
Nel cortile interno di Palazzo Rossini rimase fino al momento in cui, acquistata la casa di Via IV novembre , ricavò al primo piano il suo studio.
I mobili che saranno in mostra a settembre , nel tentativo di ricreare quello spazio, sono l’ultima ricomposizione dello studio del maestro.
Torniamo alla Piazzetta su cui si affacciava la” Trattoria del Mato”. Battista Benedetti, che ha abitato a lungo in “diretta”, racconta che “ era consuetudine dei ristoratori Pedrali far arrivare da Barletta alcuni vagoni ferroviari di uva meridionale che, arrivata a Palazzolo, veniva prelevata e scaricata nel cortiletto della loro trattoria. Quando aveva inizio questo andirivieni di carri, era più che una festa, si poteva dire che fosse addirittura la vendemmia in Piazza; il profumo delle invitanti uve dagli acini vellutati, che venivano schiacciate dai piedi di pesanti energumeni, come il “Bassià”, si spandeva in tutta la Piazza e nelle case adiacenti. Dal portone spalancato, si poteva vedere ogni movimento della gioiosa impresa, che richiedeva molte braccia e molti piedi; era un contino andirivieni degli addetti che, dalle larghe e capaci tinozze, travasavano il rosso liquido e portavano i graspi rimasti ad alimentare il grosso torchio, che veniva azionato a mano”.
Gli interventi degli ultimi anni hanno cambiato la “fisionomia” della “liretta” o diretta, come usavano chiamarla i Palazzolesi. Le immagini di inizio secolo, soprattutto quelle relative all’esondazione dell’Oglio del maggio 1926, offrono interessanti dettagli sulle trasformazioni di quello spazio. Conteso fra il diritto di accesso alle proprietà e l’uso che ne facevano i Palazzolesi, di tenervi un mercato. Spazio delimitato dalle colonnette in pietra di Sarnico .
Il Giornale di Palazzolo, 1 luglio 2013