Il padre degli orfani
pubblicato il: 01/10/2013
da: Il giornale di palazzolo s/o
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IL PADRE DEGLI ORFANI

 

Fin da quando ero ragazzo e frequentavo la chiesa di San Giovanni, mi trovavo davanti questo grande affresco; mi colpivano le molte figure ed i colori squillanti, in contrasto col resto della chiesa.

Leggevo il nome dell’autore e la data di esecuzione. Percorrevo i vari riquadri, non mi era chiaro l’ordine che dovevo seguire, dall’alto in basso, o da sinistra verso destra

Osservando la statua che sta nella nicchia al centro del quadro leggevo “Pater orphanorum”. Chi era questo padre degli orfani ? Perché in questa chiesa ?

Don Alberto era il direttore dell’orfanotrofio, collocato nella  casa  vicino alla chiesa e un posto, durante le funzioni, era riservato ai ragazzi che vivevano in quel collegio.

A poco a poco mi si chiarivano i tanti perché che mi ponevo.

Il padre degli orfani era San Gerolamo Emiliani vissuto all’inizio del XVI secolo, che aveva fondato la Compagnia dei servi dei poveri, proclamato  santo nel 1928 “come patrono universale degli orfani e della gioventù abbandonata”.

A distanza di pochi anni, nella chiesa di San Giovanni, al posto dell’altare di S.Antonio d Padova, era sorto quello dedicato al  nuova Beato.

Negli ultimi anni della direzione dell’orfanotrofio, don Alberto si fa promotore di quest’opera pittorica, affidandone l’esecuzione a un giovane palazzolese: Matteo Pedrali.

Il pittore  suddivide la grande parete in sei parti, ognuna delle quali narra un episodio della vita del Santo. La divisione in sei scene sembra tenere a mente ciò che Carrà affermava del S. Francesco del Berlinghieri:” I sei episodi della vita del Santo sono come terzine dantesche viventi in isolamento prodigioso che partecipa all’unità che li tiene raggruppati”.

Possiamo leggerle così:

1, Sullo sfondo Palazzo Ducale, A Venezia nel 1528 ci sono carestia  e pestilenza. Gerolamo sta per entrare nell’ospedale degli incurabili per dedicarsi agli infelici ospiti, quando vede un procuratore  allontanare  a malincuore dei malati.

2, Venezia 1531, Il vescovo Pietro Lippomano chiede a Gerolamo di venire a Bergamo. Prima di partire accompagna i suoi orfani in San Marco come li ha abituati da un pezzo, essi avanzano processionalmente dietro la Croce.

3, Venezia, Gerolamo insegna la dottrina cristiana con dialoghi, domande e risposte, nei quali fa entrare tutti i presenti.

4, Refettorio. Prima volta che Dio interviene in modo soprannaturale. Gli orfanelli attendono il cibo quotidiano, questa volta Gerolamo non ha nulla per sfamarli. Confida nella provvidenza. Uno sconosciuto bussa alla porta e consegna quattro pani e, senza dire nulla, scompare.

5, I contadini stanno mietendo  in un vastissimo campo nel Bergamasco. Non possono smettere perché non c’è  chi può dare loro il cambio. Gerolamo li aiuta e quando s’interrompe il lavoro, li intrattiene in sante conversazioni.

6, Somasca 1537, Sullo sfondo la fontana chiamata ancora oggi”la fonte del Beato”. Pochi giorni prima di morire Gerolamo  vuole che i suoi orfani si dispongano intorno a Lui per la lavanda dei piedi.

“La narrazione è gremita e spinta sul pedale della coralità e sulla rappresentazione ravvicinata di certi volti di vecchi, ragazzi, donne, cavalli, barche, vicoli, case a ridosso le une alle altre. I personaggi della “vita del Santo” sono presi dal vivo, sono gli anziani e i giovani palazzolesi dell’epoca.”

Sceglie un mendicante, un certo Noal per il personaggio centrale, San Gerolamo,

e , oltre a don Morandi, tra le 60 persone , colloca la mamma, la zia Teresa, il nonno e  lui stesso, nel riquadro n.4.

I cartoni sono stati disegnati utilizzando l’ampio spazio del magazzino del bottonificio Schivardi, non  lontano dall’abitazione dei Pedrali. In sei mesi il tutto é pronto per l’affresco. Dopo altri sei mesi l’opera è  compiuta.

Il  22 aprile, lunedì di Pasqua dell’anno 1935, l’affresco era benedetto e proposto alla vista dei Palazzolesi.

Il Giornale di Palazzolo, 1 ottobre 2013