Dedicato a Paolo Gentile Lanfranchi
Dino Cottini, offriva al Lanfranchi per il Natale 1961 questo sonetto, che chiuderà “Questa mia Palazzolo” uscita due anni dopo:
Al Vecchio Paol
Lauradur e osservadur
Spess amar, ma semper ciar
Nel spiegas en chel che l’vol,
per l’amur de Palasol,
che l’é grand compagn del mar.
Lù l’é n’liber dè esperiensa
e bisogna faga unur
méi che a tance profesur...
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Ho tolto dallo scaffale, dove conservo i libri che parlano di Palazzolo, quelli che, in un modo o nell’altro, sono legati alla figura di Paolo Gentile Lanfranchi. E sono numerosi !
Cinquant’anni sono passati da quando Renzo Pagani, ha raccolto sotto il titolo “Questa mia Palazzolo”la serie di scritti del Lanfranchi usciti sulla Settimana Palazzolese negli anni 1946-47 e su La Voce di Palazzolo negli anni ’50.
Celandosi sotto i panni del Bassià, del Ponta,dell’Amabile del Castel, della Beta del Corteas, il Lanfranchi, “con nessuna ricercatezza stilistica, né tampoco leziosità di linguaggio..lascia spazio alla spontaneità della parlata popolare” ,, intendendo fissare per la storia un patrimonio lessicale nostrano, che di giorno in giorno va impoverendosi”.
Quando compare la La Voce di Palazzolo , diretta dal maestro Pagani,il Lanfranchi, a firma “Vecchio Paol”,continua a scrivere pagine “più serene delle precedenti: il ciclo degli anni roventi della ricostruzione è ormai chiuso; il benessere del miracolo economico ha baciato anche la nostra cittadina industriale… I ricordi prendono in lui più consistenza,non si abbarbica più al passato,diviene uomo del suo tempo, di questo tempo…”.
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Sono passati 45 anni da quando Renato Ravanelli ha intervistato Paolo Gentile per Il Giornale di Bergamo nel marzo 1968. Il Lanfranchi aveva 85 anni e all’intervistatore ha raccontato, senza esitazioni,la sue esperienze di uomo e di artista. Il testo venne ripubblicato nel 1993,a dieci anni dalla scomparsa di Paolo Gentile, in un volume che, già nel titolo, ci dà un’idea dell’uomo Lanfranchi: “Storia di un industriale, di uno sportivo, di un artista…”.
Mi sono attardato su questi due libri perché, in un certo senso, riassumono i dati salienti della vicenda umana del nostro.
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Un ricordo personale per chiudere.
Frequentavo la scuola media con la nipote Letizia. Un sabato pomeriggio, ricevo, come gli altri compagni di classe,l’invito a casa Lanfranchi. Lo zio Gentile, come lo chiamava Letizia, aveva pronta una sorpresa: nel salone del primo piano della sua casa, era allestito un teatrino per la recita dei burattini.
Sul boccascena campeggiava una scritta “Castigat ridendo mores-chi no i capes i è balores”, che non ho più dimenticata.
La frase riassumeva bene la personalità dello “zio Gentile”, che ci ha spronato alla cura e custodia del nostro patrimonio artistico, inventando il Comitato Palatiolum, di cui fu animatore instancabile, intimando ai “balores” di svegliarsi e dedicare cura e passione alla sua e nostra Palazzolo.
Il Giornale di Palazzolo, 1 dicembre 2013